Laura Cesaretti
da Roma
A mollare la guida e la candidatura a premier dellUnione Romano Prodi non ci pensa per nulla. E così, se due giorni fa era toccato al suo portavoce Ricky Levi precisare che il Professore «non pensa affatto a rinunciare alla leadership» del centrosinistra, dopo che alcune sue frasi sibilline e le interpretazioni autentiche dei suoi consiglieri avevano seminato timori o speranze in questo senso, ieri è stato Prodi in persona a ribadire il concetto. Smentendo di aver mai pronunciato la frase riportata da un quotidiano, secondo la quale «piuttosto che premier debole, meglio ministro degli Esteri forte». La frase «non riflette minimamente il pensiero del presidente Prodi», ha dettato il diretto interessato alle agenzie.
Lobiettivo del Professore continua ad essere quello di diventare un premier, e per di più «forte». Per raggiungerlo occorre però abbattere lostacolo Rutelli e superare le resistenze dei Ds. La strategia è già chiara: tenere sotto pressione la Margherita e i Ds con la minaccia della Lista Prodi, sulla quale il Professore ha già avviato la guerra dei sondaggi che rimbalzano sui giornali. Prima quello mirabolante di Piepoli, 18 per cento, poi quello dellEurisko, tra il 15 e il 20%. Altri seguiranno nei prossimi giorni. Nel frattempo, Prodi si rifiuta di convocare il vertice dellUlivo, che Dl e Quercia sollecitano da tempo e che era stato promesso per la settimana dopo il referendum: «Perché non ci si convoca? - si domanda il Dl Fioroni - forse si attende che maturino alcuni eventi? Si vuole far scattare la scissione della Margherita?». «A che servirebbe il vertice? La Federazione dellUlivo è morta con la decisione di Rutelli», replicano i prodiani. Che liquidano come «mediazione al ribasso» anche la proposta ds di un Ulivo a «geometria variabile», secondo la formula del ds Bersani. Proposta rilanciata ieri dal fassiniano Vannino Chiti: «Dobbiamo trovare una soluzione che possa fa svolgere pienamente a Prodi il ruolo di guida non solo della coalizione ma anche dell'Ulivo. Se Prodi non si può candidare nel proporzionale c'è un'oggettiva limitazione della sua funzione e del suo ruolo», dice il coordinatore della segreteria della Quercia. La soluzione che fornisce è quella di presentare la lista unitaria in alcune «grandi aree metropolitane», con Prodi capolista. Ma al candidato premier la proposta, che lascerebbe i partiti liberi di presentarsi nel resto dItalia con il proprio simbolo, non interessa. «Io voglio fare lUlivo, e lo farò», è il suo ritornello. Una lista unica, un gruppo parlamentare unico, una prospettiva di partito unico con un unico leader, ossia Prodi.
Il Professore sa bene che anche nei Ds sta montando la tentazione di andare alle elezioni col proprio simbolo, e di svincolarsi dalla sua tutela. Sa che anche al Botteghino si ragiona di scenari futuribili che immaginano cambi di cavallo postelettorali: rieleggere Ciampi al Quirinale con un mandato «di transizione», e dopo un congruo periodo offrire al premier Prodi di sostituirlo al Colle per far subentrare a Palazzo Chigi il suo vice Fassino. Scenari fantapolitici, certo, ma irritanti. Lo spauracchio della Lista Prodi, destinata a rubare voti a tutti i partiti dellUlivo, è considerata larma risolutiva. Il 20 giugno la Margherita ha convocato la Direzione, che riconfermerà la scelta del proporzionale da soli. A quel punto sarà accesa la miccia della scissione dei prodiani, pronti a costituire gruppi autonomi in Parlamento. Rutelli ha già annunciato che in quel caso metterà in discussione la leadership di Prodi, che reagirà reclamando le primarie per ottobre e preparando la «sua» lista. «Se reggono i Ds, la lista dellUlivo si farà», assicurano gli uomini del Professore. Che conoscono dubbi e difficoltà di Fassino, ma sanno di poter contare su DAlema. Tanto che i rutelliani sospettano un patto col Professore, che garantirebbe lappoggio per il Quirinale al presidente ds.
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