Michele Anselmi
da Roma
Mai sopravvalutarsi. Ma è anche grazie all'articolo di mercoledì sul Giornale se il librone di Cinecittà Holding su vita, morte, miracoli (e misfatti) dell'Articolo 28 sarà finalmente presentato alla stampa. Era sembrato che il volume - primo monitoraggio completo sugli oltre 500 film «ispirati a finalità artistiche e culturali» realizzati col contributo dello Stato tra il 1966 e il 1994 - fosse rimasto impantanato negli uffici di via Tuscolana per ragioni di opportunità; invece il 23 marzo conferenza stampa alla Casa del Cinema, nella speranza che Nanni Moretti non scelga lo stesso giorno per Il Caimano. E questa è una buona notizia, non fosse altro perché su quei lungometraggi «d'autore», spesso dimenticabili, sgangherati o mai usciti, per i quali non a caso i giornali nel 1996 parlarono di «Filmopoli», si continua a stendere un velo di silenzio. E di imbarazzo. Per la serie: è andata così, voltiamo pagina. Eppure fu accertata una perdita, ai danni dello Stato, equivalente a 140 miliardi di lire.
D'accordo: molti di quei film, oggi in deposito presso il Centro sperimentale di cinematografia avendone lo Stato acquisito i negativi a causa dell'insolvibilità dei produttori, risultano di scarso o nullo valore commerciale. E tuttavia perché non provare a farli fruttare, almeno un po', per rimpolpare il fondo pubblico? Tanto più che fino al gennaio scorso, quando la materia è giustamente passata per competenza a Cinecittà Holding, la legge 379/80 prevedeva che «gli eventuali proventi netti conseguiti» dal Centro fossero «devoluti alla Sezione autonoma per il credito cinematografico fino a concorrenza delle somme rimaste insolute sia per capitale che per interesse». Pia illusione. Un po' per insipienza, un po' per inerzia, il Centro non è mai riuscito a tradurre quei diritti in profitti da restituire alla Bnl, a copertura parziale del debito. In verità, due tentativi furono fatti, ma ogni volta il progetto di commercializzazione s'arenò.
In compenso risulta che nella primavera 2004, per il lancio della trasmissione La 25^ ora, condotta con amabile spirito cinefilo da Stefano Della Casa, un bel mazzo di quei film è stato concesso gratuitamente a La 7. Senza accordi specifici o congrue contropartite economiche, nel quadro di pur legittimi, ma opinabili, scambi pubblicitari (c'era da promuovere il bando di concorso). È lo stesso Della Casa a confermare: «Certo che erano gratis, lo dissero anche in conferenza stampa. Mi fu sottoposta una lunga lista di articoli 28 disponibili, io ne scelsi una trentina, forse più». Una vera e propria «Carica dei 28», come titolò la Repubblica, tra i quali Stesso sangue, La rosa bianca, Vrindavan Film Studios, Pirata! (Cult Movie), I ragazzi di Torino sognano Tokio e vanno a Berlino. Iniziativa per alcuni versi pregevole, tanto è vero che sia Francesco Alberoni (presidente del Centro) sia Antonio Campo Dall'Orto (direttore di La 7) parteciparono alla presentazione. Ma ci si chiede: giusto mostrare alcuni di quei film sfortunati, ma perché cederli senza reali benefici economici a una tv pur saldamente inserita nel mercato?
Difficile ottenere risposte dal Centro. Alberoni rimanda al vice direttore generale Marcello Foti, il quale, nel definire «destituita di fondamento l'ipotesi di uno scambio di cortesie» (Telecom contribuì alla nascita del Laboratorio digitale milanese legato al Csc donando 1 milione di euro, ndr), riconosce che «noi dobbiamo far fruttare al massimo i beni dello Stato». Nel caso in questione, però, spiega che «attorno a quei film non c'era un vero interesse commerciale»: insomma, «nella migliore delle ipotesi», valevano poche centinaia di euro. Interpellato dal Giornale, il direttore generale Gabriele Testi non ricorda.
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