«Così ringiovanirò il fascino di Brioni»

«Quando sono arrivato in azienda mi sono sentito come un bambino in un negozio di caramelle»: lo dice con un sorriso innocente Brendan Mullane, nuovo direttore creativo di Brioni al debutto a Milano lunedì. Inglese, 37 anni, dopo essersi diplomato alla Kingston University in Fashion e al Kingsway College di Londra in Arts&Design, si è fatto le ossa da Hermès, Louis Vuitton e Alexander McQueen e poi, come senior head menswear designer da Givenchy. Voluto dall'ad Francesco Pesci, il designer si è subito diviso fra la sede storica di Roma e gli stabilimenti di Penne dove ogni abito esce dalle mani dei 400 sarti come un autentico capolavoro ottenuto mettendo oltre cinquemila punti a mano. Del resto Brioni che veste numerose celebrità - Obama, Napolitano ma anche membri della famiglia reale britannica e tanti attori - e dopo essere entrato, nel 2012, nell'orbita del colosso francese PPR, punta a far evolvere la sua storia. «Voglio pulire quel diamante che è Brioni per farlo brillare di più» sostiene Mullane che punta a modernizzare il brand e renderlo più contemporaneo.
Qual è stata la prima cosa che l'ha colpita in Brioni?
«Di solito in qualsiasi azienda a una tua richiesta ti rispondono: non è possibile. In Brioni tutto è possibile e la riposta è sempre: si può fare. Questo per un designer è magnifico».
A quali uomini pensa di rivolgersi con le sue proposte?
«Lavoro per una nuova generazione: l'età media dei nostri sarti è di 33 anni, c'è spazio per conquistare i giovani con fit e shape contemporanei».
Cosa presenterà con la sua prima collezione a Milano?
«Il nuovo mondo Brioni. Non posso e non voglio cancellare il patrimonio dell'azienda ma trovare nuovi significati a quello che già c'è. Ho fatto molto lavoro sui materiali, fra i quali la pelliccia utilizzata in un lupetto in astrakan rasatissimo grigio. Il mio colore preferito è il blu e l'ho inserito persino in una pochette di coccodrillo, uno dei tanti accessori che rendono speciale questa collezione».
Come è intervenuto sulla forma?
«Non ho fatto una rivoluzione ma l'evoluzione di una regola. Il fit di Brioni non è uguale agli altri, è già più slim. Io l'ho reso ancora un po' più sottile seguendo una nuova matematica della forma».
Interverrà anche sulla sera, un must di Brioni?
«Lo smoking non lo tocco, preferisco occuparmi prima del ready-to-wear. Mi è stato molto utile vedere gli archivi dove ho trovato una travel jacket degli anni Sessanta con ben 27 tasche. Da questo modello ho tratto ispirazione. Poi i mondi Brioni naturalmente si contaminano, il su misura con il prêt-à-porter e così via».
Quando un capo le piace davvero?
«Quando lo guardo al rovescio, solo allora capisco se è proprio come lo desideravo».
Gli attori che vestire?
«Mi piacerebbe Michael Fassbender, Morgan Freeman, l'architetto Peter Zumthor. Persone che hanno un'anima giusta per scegliere il nostro stile».
Le sue preferenze: monopetto o doppiopetto?
«Il doppiopetto con revers a lancia più che il tre pezzi».
Roma o Penne?
«Adoro Roma ma mi piace anche lavorare a Penne.

Invece non vorrei mai vivere in un luogo dove non c'è cultura».
Cos'è il lusso per lei?
«È la relazione che si instaura con il proprio sarto. Con lui metti a nudo la tua anima, correggi i tuoi difetti e ti senti più desiderabile e più sexy».

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