Così rischia tutta l’Italia: i mercati ci puniranno

Se il ministro dice che il taglio del 5% degli stipendi pubblici è solo un aperitivo, a Napoli parte il concorso per 534 assunzioni. Pari al 4-5% dei circa 13mila dipendenti del comune partenopeo

C’è pure il tariffario: una pratica per ottenere una patente di falsa invalidità costa 6mila euro. Apre le porte a un’assistenza sanitaria speciale e a una pensione ad hoc. Mentre a Napoli è in pieno svolgimento un concorso per 534 assunzioni al Comune, per il quale, di qui al 4 giugno, potrebbero presentarsi 112.500 candidati. Le due informazioni - direte - tra loro non c’entrano nulla. Ed è vero. In comune hanno solo di essere state scritte entrambe nei giornali di ieri, leggibili da tutti gli interessati. Dunque anche dagli investitori esteri in titoli pubblici italiani. Ed eccoci arrivati al punto: proviamo a metterci nei panni di chi, come qualunque disciplinato investitore, decide cosa comprare e cosa vendere in base alle informazioni disponibili. Forse si capirà che gran parte della bufera finanziaria di questi giorni non è solo dovuta a crudeli speculatori. E che forse anche tutti noi, nei loro panni, faremmo lo stesso.

Sugli stessi giornali c’era anche scritto che il governo italiano ha deciso: «Caccia a evasori e falsi invalidi». Sono i punti fondanti della manovra straordinaria, necessari per il risanamento dei conti pubblici, cioè per la riduzione del deficit che minaccia non solo il Paese, ma l’intero sistema della moneta unica europea, l’euro. A corollario c’è l’obbligo a non spendere un’euro pubblico di troppo: «Il taglio del 5% agli stipendi dei parlamentari è solo l’aperitivo», ha detto Tremonti. Entro due anni bisogna tagliare deficit per l’1,6% del Pil. Viceversa, c’è il rischio di vedere sfumare i nostri risparmi: è quello che succederebbe se un giorno o l’altro lo Stato non riuscisse più a vendere i suoi Bot e Btp e Cct. Che sono le «azioni» dell’azienda-Italia. Il loro valore crollerebbe verso lo zero e con loro anche quella buona parte dei 3,5 miliardi di attività finanziarie delle famiglie italiane detenuta, direttamente o indirettamente, in titoli pubblici. Perché è di questo che stiamo parlando: il rischio della bancarotta non è una chimera che riguarda chissà chi, ma un rischio che è entrato in casa nostra. Ora, si sa che il debito pubblico è sostenuto perché lo Stato vende i suoi titoli sul mercato. Dove lo comprano banche, fondi, investitori di ogni tipo. Tra loro anche i famigerati speculatori. In ogni caso è gente che compra. Oppure vende, se crede che il titolo non sia buono.

Ebbene: cosa avranno pensato, ieri, gli investitori di mezzo mondo quando hanno scoperto che l’azienda-Paese alla quale devono prestare miliardi di euro ha deciso di dare la «caccia agli evasori e ai falsi invalidi»? La prima cosa che viene in mente: «Ma come? Non potevano farla prima questa caccia»? E chi ha già i titoli forse è corso a venderli. O no? Perché se il gestore del fondo pensioni californiano legge questa storia dei falsi invalidi, e magari quella dei 100 miliardi di evasione fiscale annua, penserà di essere stato fregato. Come può un’azienda (l’Italia) vendere le sue azioni (i Bot) al mercato essendo già consapevole di avere al suo interno evasori e falsi invalidi? Negli ultimi 9 anni la spesa per l’invalidità è salita da 6 a 16 miliardi. Mentre le pensioni aumentavano in media del 23,8%, quelle di invalidità del 64,9%. Come può un’azienda così essere credibile? È come se una grande banca, Unicredit, piuttosto che Intesa, domani mattina dicesse che «basta, è ora di finirla con i cassieri che si portano via i soldi dei clienti a fine giornata: dal mese prossimo, forse, ne licenziamo qualcuno». Come reagirebbero i titoli in Borsa? E daremmo la colpa alla grande speculazione internazionale?

Così, se il ministro dice che il taglio del 5% degli stipendi pubblici è solo un aperitivo, a Napoli parte il concorso per 534 assunzioni. Pari al 4-5% dei circa 13mila dipendenti del comune partenopeo. Un’operazione elettorale, annunciata dalla giunta di sinistra del sindaco Iervolino un anno fa, alla vigilia delle elezioni europee. Ma andata a regime proprio adesso. Dire che si tratti di manovra intempestiva pare un eufemismo. Ma evidentemente il comune di Napoli non può fare a meno di figure come ingegneri, architetti e ragionieri informatici. Oltre che assistenti sociali e vigili.

C’è da chiedersi se questo sia vero, soprattutto rispetto ai margini esistenti di recupero di produttività degli attuali organici; in presenza dei tagli annunciati alle spese pubbliche nazionali e locali; e a fronte di un bilancio comunale in pesante deficit. Se lo chiederanno sicuramente anche gli speculatori.

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