Roberto Guzzardi è un carpentiere navale di Pieve Ligure, erede della tradizione dei mastri dascia, un antico mestiere in via di estinzione. È anche presidente dellassociazione «Storia di barche» che preserva le tecniche di costruzione dei vecchi modelli di imbarcazioni.
Ci spieghi come nasce lassociazione?
«Ci ha animato un atteggiamento di conservazione dellartigianato nautico. Gli inizi sono stati impegnativi. Strada facendo e intervistando altri mastri dascia anziani, come Giuseppe Bozzi, era interessante raccogliere gli aneddoti della loro attività, quello che sapevano e quello che facevano. Abbiamo avuto lidea di cimentarci nella conservazione di alcune barche in legno, pezzi di piccola storia locale che si stavano perdendo. Agostino Bianchi, detto il Lallo, e Gaetano Giorgetti sono stati i due mastri dascia che si sono raccontati affinché la loro arte non scomparisse».
E voi avete imparato rubando tutti i segreti...
«Abbiamo raccolto foto, documenti, interviste e materiali di un certo interesse. Poi abbiamo deciso di iniziare con un gozzo e di ripararlo senza sapere bene quello che facevamo. Doveva essere un lavoro breve, ma ci siamo resi conto una volta tolta la vernice che il legno era marcio. Era completamente da rifare. Questanno il Biancamaro, questo il nome del gozzo, compie 100 anni. Da lì abbiamo coinvolto il Lallo e un boscaiolo nel tentativo di selezionare il legno adatto per il fasciame e lossatura. Questesperienza ci ha portato in un mondo che stava scomparendo, fatto di luoghi, di persone e di abilità».
Avete fatto delle regate con il gozzo Biancamaro?
«Sì, parecchie, non ricordo quante, comunque tante. Inoltre abbiamo anche esposto il Santa Caterina al Galata, il Museo del Mare. È una barca che abbiamo costruito molto dopo, nel 2005. Il restauro del Biancamaro risale invece al 1995. Questa barca è lunga 4,75 metri e pesa 450 chili. Non è una barca grande, ma comunque abbiamo impiegato un anno e mezzo per restaurarla. È davvero un bel gozzo. Poi abbiamo contattato un velaio perché volevamo armare la vela. Si tratta di un vecchio velaio genovese: ci ha insegnato come fare la vela alla maniera antica, in un sottotetto. Con la finitura non moderna, quindi, ma con gli anelli cuciti a mano, i rinforzi in cuoio, limpalmatura che è un punto particolare di finitura. Se il restauro fosse stato semplice non sarebbe nata nessuna associazione».
Ecco appunto. Comè nata lidea di creare unassociazione per la promozione delle vecchie barche?
«Le racconto un breve un antefatto. Anni fa abbiamo conosciuto dei mastri dascia collaborando con un architetto navale genovese per organizzare una mostra di barche. Fu lui a indirizzarmi alla carpenteria navale. Facemmo la locandina di questa mostra prendendo spunto da un varo a Voltri. In una delle foto che avevamo usato, il mastro dascia di Voltri riconobbe suo padre e allora venne a cercarci per raccontarci la sua attività. Sempre grazie a questa mostra un altro mastro dascia del Ponente ligure ci ha chiesto di andarlo a trovare per mostrarci il materiale e i disegni di barche. Insomma, ne voleva parlare».
Quante barche avete costruito?
«Quattro modelli diversi tra cui uno bretone (una lancia a vela, un dory per la pesca al merluzzo, tre lance bretoni a fondo piatto dotate di vela, un gozzo cornigiotto armato a remi e a vela). Sono tutte nella sede dellassociazione nello scalo ferroviario dismesso di Pieve Ligure messo a disposizione dal Comune. Inoltre porprio lì abbiamo la biblioteca e il laboratorio».
Quello del mastro dascia è sempre stato un mestiere affascinante, ma ricco di segreti...
«Beh, segreti fino a un certo punto. Dico questo perché, soprattutto in Liguria, cera tanta gente in grado di costruire delle barche. Era un mestiere come un altro.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.