Cultura e Spettacoli

Così di sinistra da diventare vero reazionario

Dopo Ricolfi e Andrea Romano, la critica di Bruno Arpaia

La nuova moda, molto trendy, tra gli intellettuali di sinistra è criticare la sinistra. C’è chi lo fa da posizioni liberali, come il politologo Luca Ricolfi, che accusa i suoi di essere supponenti e antipatici, dinosauri e conservatori dal punto di vista economico e del welfare.
C’è chi lo fa dal di dentro, come Andrea Romano che mette in ridicolo i vizi dei Compagni di Scuola delle Frattocchie (da Fassino a D’Alema a Veltroni): lontani ormai anni luce da quello che fu il Pci, continuano ad abbeverarsi all’icona di Berlinguer e a proporsi come gli unici eredi del Pci.
E poi, per non lasciare scoperta un’ala importante della compagine governativa, c’è chi lo fa da posizioni di sinistra radicale, come lo scrittore Bruno Arpaia in un pamphlet dal titolo volutamente provocatorio: Per una sinistra reazionaria (Guanda, pagg. 182, euro 12). Arpaia è un ex ragazzo del Settantasette, autore tra l’altro de Il passato davanti a noi, romanzo generazionale sulla stagione dei grandi ideali, della lotta politica e della lotta armata. Tra i vari schifati dalla situazione attuale, Arpaia è uno dei più schifati e originali e si dibatte alla ricerca di una sua personalissima Sinistra Ideale usando questo ossimoro, «sinistra reazionaria», in modo molto efficace.
La sinistra «reazionaria» auspicata da Arpaia è contro il Progresso e il progressismo e sbeffeggia alla Leopardi «le magnifiche sorti e progressive» dell’umanità. È contro «ogni conservatorismo, vecchio e nuovo, quello teocon o quello politically correct, e combatte perciò anche la sinistra conservatrice, sotto qualunque forma si presenti». È anche contro il «marxismo Neanderthal», cioè quella sinistra stupidamente «ecologista» a priori che è contraria anche alle pale dell’energia eolica perché rovinano il paesaggio. L’altro nemico è la sinistra moderna e liberal, che ha venduto l’anima al liberalismo, vuole privatizzare il privatizzabile, e ha idealizzato concetti come Mercato e Individuo facendone miti intoccabili. Passa per essere innovatrice e invece, secondo Arpaia, «è vecchia almeno quanto Adam Smith». È contro una sinistra stupidamente illuminista, rousseauiana e buonista.
Nel manifesto ideale della «sinistra reazionaria» invece entrano di diritto temi come la Tradizione, la Comunità (che al solo sentirla nominare il pensiero vola diritto al nazismo e alla società organica), il limite, l’autorità. Arpaia sostiene che la sinistra ha dimenticato di essere il Noi contro l’Io e all’Individuo ha concesso troppo.
Sarebbe questa tra l’altro, la causa di una superproliferazione di diritti che hanno annullato ogni dovere. «Diritti del turista, del pedone, del consumatore, dell’utente. Questa pioggia di diritti ha dato sfogo agli egoismi individuali, agli interessi di ogni microcategoria sociale, offuscando il senso del dovere». Queste sarebbero le «conseguenze catastrofiche» di tre secoli di individualismo sfrenato, di negazione stessa di concetto di bene comune superiore ai diritti dei singoli.


Lo scrittore di sinistra ha scoperto il suo SuperIo di destra.

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