Così è stata incastrata la talpa che colpì il Cav

nostro inviato a Bari

Pedinato, intercettato, persino fotografato mentre, secondo la procura, mostra atti secretati a una cronista e li lascia copiare. E incastrato dalla riedizione di un classico: il cavallo di Troia. Che, nel caso del tenente colonnello della finanza Salvatore Paglino, segugio per conto delle procure di Bari e Trani che indagavano su Silvio Berlusconi dal maggio 2009 all’inizio di quest’anno, sono diventati verbali e atti giudiziari «ritoccati» in modo da essere riconoscibili, una volta finiti sui giornali.
L’ufficiale, ai domiciliari da tre giorni perché ritenuto dai pm baresi Dentamaro e Iodice la talpa delle inchieste del capoluogo sulla sanità pugliese (e che nella fase iniziale avevano finito per concentrarsi sul premier), oltre che per rivelazione di atti d’ufficio è indagato anche per stalking (ai danni di una testimone e di una giornalista) e per peculato, avendo utilizzato per tormentare telefonicamente le sue presunte vittime il cellulare di servizio e il telefono del suo ufficio. Un sostegno un po’ fragile per la carcerazione, chiesta dalla procura lo scorso 27 aprile, tanto che il gip ha deciso per i domiciliari quando il 31 maggio ha firmato l’ordinanza, rigettando l’arresto per stalking, poiché mancherebbero i «gravi indizi». L’inversione di ruolo per l’ex superinvestigatore fa rumore, eppure ieri la Procura di Bari, in un comunicato, ha lasciato intendere che le sorprese non sono finite: «L’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ufficiale – recita la nota – costituisce solo una prima tranche di una molto più ampia». Forse quella che dovrebbe rivelare gli eventuali registi occulti dello stillicidio di notizie fatte filtrare sulla stampa: nel mirino, non è un segreto, i verbali di Tarantini sulle ragazze portate alle cene del premier e la notizia dell’indagine a carico di Nichi Vendola, sotto primarie. Il sospetto? Una regia politica.
Se l’iceberg è ancora sommerso, però, anche la sua punta è di grande rilievo. Quando a giugno scorso esplose il caso D’Addario-Tarantini, Berlusconi finì sulla graticola per un’inchiesta nella quale non era nemmeno indagato. Ogni fuga di notizia, ogni virgolettato scivolato sui giornali dai faldoni dell’inchiesta del pm Pino Scelsi finivano rilanciati dalla stampa, non solo italiana. E il dubbio è che la fuga di notizie fosse addirittura precedente all’uscita mediatica di Patrizia D’Addario: pochi giorni prima, Massimo D’Alema aveva annunciato una «scossa» per il governo, curiosamente collegato in diretta tv da una masseria del Salento dove si trovava insieme a Sandro Frisullo, che per quella «scossa» sarebbe finito in prigione. Ma all’epoca sembrava che i party e le notti a Palazzo Grazioli fossero il nocciolo dell’inchiesta barese. E dietro le indagini, a guidare gli investigatori, c’era sempre l’uomo di fiducia della procura del capoluogo, Paglino. In azione pure a Trani, pochi mesi fa, quando l’indagine sulle carte di credito revolving sfociò nell’iscrizione nel registro degli indagati di Silvio Berlusconi.
Paglino avrebbe spifferato informazioni o messo a disposizione verbali e atti giudiziari in quattro occasioni con tre diverse giornaliste. In cinque occasioni ragguaglia una cronista prima sull’inchiesta di Bari, rivelando il 29 ottobre e il 6 novembre notizie relative agli accreditamenti delle cliniche private, e poi su quella di Trani, il 10 e 14 dicembre e il 22 gennaio. Il 17 dicembre Paglino anticipa a una giornalista che Minzolini e Del Noce verranno interrogati a Trani. E il 15 gennaio lo Sco lo immortala in macchina con una cronista, alla quale, spiega l’ordinanza, «consentiva di visionare e fotografare» atti giudiziari, relativi a Tarantini e all’ex Lady Asl Lea Cosentino. Ma c’è di più. In alcune occasioni gli inquirenti avrebbero «affidato» di proposito a Paglino atti «modificati» rispetto agli originali, per poterne così riconoscere la provenienza una volta che finivano pubblicati.

E incrociando questa evidenza con tabulati e intercettazioni, i pm avrebbero ricostruito la «filiera» di molte delle fughe di notizie riferibili al colonnello. Che oggi incontrerà il gip per l’interrogatorio di garanzia. Scosso, ma convinto di non aver fatto niente di male, Paglino non resterà in silenzio. Ha già fatto sapere di voler parlare.

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