Così è stato lasciato fallire il latte genovese

Così è stato lasciato fallire il latte genovese

(...) Tutta una serie di allarmi era stata già lanciata. E in particolare facevano riferimento a scelte che avrebbero avuto una sorta di «marchio di fabbrica» della Provincia, in quanto condivise, dettate o comunque note a un consiglio di amministrazione nel quale un posto di primo piano aveva assunto il consigliere di amministrazione Ivano Moscamora, indicato dalla Promoprovincia su input dell’amministrazione, nonché all’epoca consigliere provinciale e segretario della Confagricoltura genovese. Una di queste, ad esempio, riguardava un tentativo di «accordo commerciale con la Centrale del Latte di Alessandria» proposto alla Parmalat che forniva il consorzio e che alla notizia si sarebbe irrigidita al punto da poter addirittura chiedere un pagamento immediato del debito.
La parte più inquietante della denuncia dell’ex presidente del Consorzio Valle Stura riguardava poi la gestione delle forniture e la scadente qualità dei prodotti che, a giudicare dalla lettera, era ben nota alla dirigenza. «Ogni promozione con la Coop Liguria era comunicata per iscritto e per tempo - scrive Ravera - ma immancabilmente all’inizio del periodo promozionale, il prodotto è sempre mancato, costringendo il direttore commerciale a giustificarsi causando sistematicamente perdita di fatturato e di affidabilità dell’azienda». Le cose non andavano meglio con la So.Ge.Gross. «La “Formaggella” è stata prodotta due giorni prima della spedizione - è denunciato dal presidente - Il prodotto è stato a suo tempo venduto come formaggio semistagionato, mentre partiva dall’azienda che perdeva ancora il suo siero». Risultato: un danno da 10.000 euro all’azienda, oltre all’inevitabile stop agli ordini. Eppure So.Ge.Gross. acquistò ancora dal Consorzio «il “Soffio di latte”, ma bloccò nuovamente gli acquisti perché il prodotto, 10 giorni prima della scadenza (dura 12/15 giorni) o puzzava o era acido o presentava macchie di muffa».
Situazioni note in azienda, visto che il direttore commerciale Massimo Fognani aveva chiesto invano modifiche ai tempi di produzione che tra l’altro avrebbe fatto «risparmiare all’azienda 25mila euro in una anno», nonché una «pulizia delle celle presenti al piano terra». Pulizia che, uno anno dopo la richiesta, non era stata fatta.
Nella lettera-denuncia si faceva anche esplicito riferimento a proposte formulate da alcuni dirigenti per far calare i costi di produzione che non sarebbero «mai state presentate nei numerosi consigli di amministrazione». Anche sulla situazione di bilancio e di controllo dei conti vengono sollevati dubbi pesanti. La stessa Promoprovincia avrebbe chiesto di «vedere i dati di bilancio» attendendo anni prima di ottenere risposte. «Il collegio sindacale non ha mai svolto verifiche personali in azienda - aggiunge Ravera - ma semplicemente si è limitato a chiedere qualche dato ( copia di 3 fatture attive, 3 fatture passive e cassa) che poi si faceva inviare via fax». Inquietante infine l’accenno a una «voce che girava in azienda» secondo la quale «i verbali del collegio sindacale venivano redatti con notevole ritardo» e addirittura alcune pagine erano lasciate «in bianco e redatte l’anno successivo».
Accuse gravissime che avrebbero richiesto provvedimenti da parte dei soci, tra i quali appunto la Provincia, che nel 2004 aveva dato al Consorzio 300mila euro come futuro aumento di capitale. Un aumento di capitale mai avvenuto e che, con la chiusura del Consorzio, era definitivamente tramontato insieme ai soldi. Alla luce del fallimento dell’esperienza del «Valle Stura» e poi del marchio «Valli Genovesi» viene da chiedersi perché non siano stati tentati correttivi quando certe cose venivano segnalate. Tanto più che la situazione ha portato alla perdita di 20 posti di lavoro quando, nel gennaio del 2009, il nuovo veterinario di zona ha bloccato definitivamente la produzione di latte.
Queste e altre situazioni denunciate dall’ex presidente del Consorzio potrebbero, rilette oggi alla luce della pessima conclusione della vicenda, mettere in imbarazzo l’amministrazione provinciale.

Che tra l’altro sarebbe stata chiamata a relazionare sull’argomento da un’interpellanza presentata dal consigliere Pdl Giuseppe Bianchini. Martedì l’iniziativa consiliare era all’ordine del giorno, ma Bianchini l’ha ritirata: «Preferisco che su questa cosa mi rispondano per iscritto». Qualcosa di scritto cui ispirare la risposta ci sarebbe persino già.

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