da Roma
Occhio al timing. Alle ore 12 circa Massimo DAlema strapazza la sinistra radicale che «non serve al Paese». Nel pomeriggio un diluvio di agenzie degli esponenti della sinistra radicale, riassumibili con le parole del leader della minoranza trotskista di Rifondazione, Salvatore Cannavò: «Ho sentito anche oggi Turigliatto, ma... come dire? Certe parole del ministro degli Esteri certo non aiutano». A metà serata il presidente dei Ds viene corretto da una precisazione della sua portavoce, Daniela Reggiani: «Come tutti possono verificare, ascoltando l'intervento al teatro Brancaccio sul sito www.massimodalema.it, il vicepremier non ha polemizzato né con il Prc né con il Pdci, né con i Verdi né con posizioni sostenute dalle forze che fanno parte della maggioranza di governo». La prima cosa che uno si chiede è: è stato un piccolo infortunio, un errore di modulazione o qualcosaltro? Conoscendo DAlema e la sua perizia oratoria è facile escludere le prime due ipotesi. Ma allora che senso avrebbe schiaffeggiare la sinistra radicale per poi correggersi? Una spiegazione possibile è in una voce che gira nei corridoi del Palazzo in queste ore e che collega la sopravvivenza della maggioranza ai destini della legge elettorale. Una voce che trova una spiegazione nellanalisi di un senatore di Forza Italia come Gaetano Quagliariello: «Lapertura di DAlerma al sistema tedesco si spiega solo in chiave di profferta allUdc. Io credo che Follini sia un pazzo malinconico (in senso salveminiano), ma non un trasformista, e che la sua idea sia quella di fare da mosca cocchiera allacquisizione del suo ex partito». Una intuizione raccolta in un comunicato di due deputati azzurri come Peppino Calderisi e Marco Taradash dei Riformatori liberali. Nella nota i due ricordano lipotesi di DAlema di sistema elettorale proporzionale con sbarramento e lo collegano alla strategia di allargamento: «Il rinvio di Prodi alle Camere - scrivono - non si comprende senza la contemporanea apertura di D'Alema al sistema elettorale tedesco. Mossa con cui D'Alema copre la debolezza della scelta del Quirinale, fornendogli un paracadute».
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