Cosa fare per impedire che la moda del laser diventi l'ultima cattiva abitudine

Hanno cominciato a Napoli centrando il volto di Dida, poi si sono ripetuti a Bari contro Balotelli e sempre a Napoli contro Miccoli mentre tirava il rigore. Le telecamere del circuito interno hanno identificato i responsabili che adesso rischiano, al secondo episodio, un bel daspo

É il caso di rassegnarsi: il calcio italiano non si fa mancare niente per fare notizia, nel male più che nel bene. Ma forse è il caso di fermarsi un attimo a riflettere e provare a sparecchiare dalla tavola del calcio italiano alcune cattive abitudini. La più recente è la seguente: alcuni buontemponi si sono attrezzati con dei laser e durante le partite in notturna, si dilettano a centrare gli occhi dei calciatori della squadra avversaria. La prima vittima fu Nelson Dida, portiere del Milan. Fu lui, quella sera, a richiamare l'attenzione dell'arbitro. Come al solito l'episodio non è passato inosservato. E lo spirito di emulazione ha preso a dilagare ovunque.
A Bari hanno accolto l'Inter, sabato notte, centrando il volto di Balotelli che è già obiettivo dichiarato di noti cori dal chiaro intento ...elogiativo. Stessa scena a Verona, dove se la son presa con il povero Diego, alle prese con una malconcia Juventus. A Napoli, nel posticipo contro il Palermo, hanno dimostrato di esserci ormai specializzati nell'uso dei laser. Infatti hanno centrato più volte Miccoli mentre si accingeva a battere dal dischetto il rigore poi parato brillantemente da De Sanctis. Il giudice sportivo, l'avvocato Tosel, è intervenuto ed ha sanzionato l'uso del laser derubricandolo come un atto di violenza: multe a gò gò, per intendersi. Di più non può e non vuole fare. Possono invece fare molto, un'autentica azione deterrente, i club interessati. E infatti il Napoli si è meritato il proscioglimento poichè attraverso il circuito interno delle telecamere ha "pizzicato" gli autori del gesto segnalandoli all'autorità di pubblica sicurezza. Questo comporterà per gli interessati, alla seconda azione, un bel "daspo", che vuol dire provvedimento di espulsione dallo stadio per 2-3 anni.


Molti si sono chiesti: non è il caso di mettere la sordina al fenomeno? Forse sì. Ma la risposta più esauriente può e deve venire dai giocatori. Sono loro che devono intervenire e difendere un loro sodale, anche se veste un'altra casacca.

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