La coscienza critica dell’Unione sovietica

Evgenij A. Evtušenko, caposcuola della «letteratura del disgelo» fin dagli anni di Krusciov, è in questi giorni a Milano per ricevere il Premio Librex Montale per la raccolta di versi I monumenti non emigrano (2005, pubblicata solo in lingua originale) e Nel paese di Come Se (Viennepierre edizioni, 2006). Insieme a lui, ha vinto la 17ª edizione del premio il poeta Edoardo Sanguineti per Mikrokosmos. Poesie 1951-2004 (2004) e Il Gattolupesco. Poesie 1982-2001 (2002). Da sempre voce critica all’interno del proprio paese, Evtušenko - nato a Zima, in Russia, nel 1933 - con Andrei Voznesensky e altri ha contribuito alla rinascita della poesia lirica russa. Il suo primo libro di poesie è stato pubblicato nel 1952. È il portavoce più popolare della generazione di poeti che hanno rifiutato di aderire alla dottrina del socialismo reale.

Appena tornato dall’Avana, dove ha presentato il cult movie militante castrista, adorato da Scorsese, Coppola e Redford, Yo soy Cuba, realizzato nel ’63 dal regista sovietico Mikhail Kalatozov, Evtušenko ha intenzione di scrivere un romanzo sulla crisi di Cuba dopo la caduta del Muro di Berlino e soprattutto un’antologia di dieci secoli di poesia russa, che dovrebbe terminare per il prossimo anno.

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