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Cossiga: «Per lui la morale è sopra il diritto»

Roma - Presidente Cossiga, ha sentito Romano Prodi? Ora dice che per Daniele Mastrogiacomo avrebbe trattato anche se ci fosse stata «una norma che vietava di trattare».
«È il primato del moralismo sullo Stato di diritto. Il vero esponente attuale del cattolicesimo sociale (democratico ma antiliberale come insegnava Dossetti) è Romano Prodi. Per lui il diritto e la Costituzione sono, per usare una terminologia marxiana, una sovrastruttura della società e dell’etica, che si ritrova più nella dottrina postconciliare della Chiesa che nei principii e nell’ordinamento della Repubblica».
Ma non è grave, che un presidente del Consiglio dica «me ne frego anche delle leggi», seppure a fin di bene e per salvare vite umane?
«Per un cattolico sociale, non democratico - e la cosa strana è che siano alla ricerca di un partito democratico - la caratteristica è proprio l’essere sociale, forse democratico, ma certamente non liberale. Per loro il popolo non è nella legge ma sopra la legge».
Dunque non la scandalizza più di tanto questa sortita di Prodi? La trova in linea con la sua filosofia?
«Non so se sia una filosofia conscia. Ma sinora, salvo il tentativo di uno storico e teologo laico come il giovane Melloni, l’illustrazione del più geniale pensiero cattolico politico del dopoguerra (demoteocratico, basato sul popolo inteso come soggetto unico dello Stato, della società e della Chiesa, dunque la riforma dello Stato e della Chiesa concepita come due facce della stessa medaglia) l’ha fornita quel grande pensatore religioso e politico che è Giuseppe Dossetti. Dossetti in realtà ha più radici nel razionalismo cattolico del dopo rivoluzione francese, da De Bonnard a Demaistre, che nel cattolicesimo liberale di Montalembert e Lacordaire».
Comunque un bel salto, dal partito della fermezza contro il terrorismo nostrano al trattare con chiunque anche contro le leggi.
«Bisogna dire che Prodi è sempre stato del partito della trattativa. Per la fermezza erano gli unici due eredi della tradizione liberale, i comunisti e i democristiani specie di sinistra».
Lei ha appena presentato un’interpellanza, chiedendo al ministro degli Esteri Massimo D’Alema che «smentisca le bugie di Karzai». Però Prodi insiste, assicura che Karzai «non ha mai sollevato problemi».
«È stata una grande sciocchezza andare in Parlamento, e debbo dire che causa di questa sciocchezza è stato il presidente della Camera, che da comunista sì è risvegliato pacifista e neoparlamentarista. In Parlamento ai tempi del sequestro Moro non si andava, il governo non si è presentato alle Camere e non si è tenuto alcun dibattito parlamentare, nonostante le pressioni di Pannella. A Westminster, quando sono stati catturati i militari britannici, si è alzato il ministro degli Esteri che ha parlato per dieci minuti e la cosa si è chiusa lì, senza dibattito».
Perché allora Prodi ha accettato il dibattito parlamentare, dopo aver detto che era «inutile»?
«Per non fare uno sgarbo a Bertinotti. Chi ne ha fatto le spese però è il povero Massimo D’Alema che non c’entra nulla. Romano Prodi, con astuzia da chierichetto, ha mandato avanti D’Alema a discutere di cose di cui non sapeva niente.

Perché la trattativa per liberare Mastrogiacomo l’ha fatta interamente Prodi, D’Alema non c’è entrato per niente».

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