Costanzo, Vaime e la nostra memoria in bianco e nero

Forse in questo momento è il programma più bello della televisione italiana. Principalmente perché, andando in onda, dà dignità alla tv. La ripulisce, le abbassa il volume, la medica, la rimette in asse con lo spirito per cui è nata. Secondariamente perché, andando in onda, guarisce anche noi. Che ci ricordiamo cosa siamo stati (anche) capaci di fare e di essere.
È programmato a notte fonda (ovviamente) ma potrebbe essere proiettato anche la mattina nelle scuole. Si intitola Memorie dal bianco e nero (sabato, Raiuno, ore 00.45), è ideato e scritto da Maurizio Costanzo, raccontato da Enrico Vaime. Si trucca con tutti gli spezzoni della tv che fu, che sono già un infallibile belletto. Ma si trucca con cura e malizia. A spennellare ci stanno Costanzo e Vaime...
In mezzo ai contributi c’è la gente che ha fatto grande la tv con i suoi aneddoti che sono diversi dagli aneddoti di oggi, con le sue storie che sono diverse dalle storie di oggi, con le sue parabole e i suoi premi che sono diversi dalle parabole e dai premi di oggi.
Tutti i Fantastico della storia, da Heather Parisi a Lorella Cuccarini, da Walter Chiari a Pippo Baudo (quello con lo sketch di Roberto Benigni), da Adriano Celentano (quello dei silenzi e delle polemiche) a Raffaella Carrà. I talk, da Bontà loro all’Harem di Catherine Spaak. Aveva tre donne a puntata che ancora, accomodate sul divano, accavallavano le gambe come si fa nel salotto di casa propria, senza quelle forzature ginniche a favore di telecamera in cui si affannano tutte oggi, Tre ospiti che ancora parlavano una alla volta e quindi si raccontavano molto meglio, che ancora avevano il pudore di non esagerare, che ancora erano inibite da ciò che avrebbe pensato di loro l’uomo misterioso che stazionava dietro alla tenda e che, magari, era Giulio Andreotti. Poi gli sceneggiati, dal Conte di Montecristo a Peppino Girella. E poi i Festival di Sanremo (quelli con Nunzio Filogamo e i suoi «cari amici vicini e lontani»), il Quartetto Cetra, Valeria Fabrizi, i primi programmi sportivi, i campionati di calcio del 1982, Totò, Vittorio Gassman...
E tutti gli altri che nelle case degli italiani ci entravano solo con lo smoking. Lo smoking anche alle idee.

Perché allora era vero che era il pubblico ad essere sovrano. E c’erano mestiere e rispetto. E si reclutavano talenti e nient’altro. E si regalavano chanche a chi aveva l’onestà di meritarle. Eh insomma, memorie ormai. In bianco e nero.

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