Coutinho è grande ma il vero fenomeno si chiama Benitez

E adesso siamo tutti qui incantati davanti al fenomeno Coutinho. Giustamente. A 18 anni, Coutinho ha l'aria d’essere un grande giocatore, in grado di diventarlo ancora di più. Ma per come stiamo messi in Italia, io penso che il vero fenomeno del campionato sia un altro: Rafa Benitez. In un calcio baronale e conservatore come il nostro, dove i giovani faticano più che in politica a trovare spazio, questo tecnico non esita a schierare da titolare un ragazzino. Il suo gesto, apparentemente normale, risuona in Italia come una fucilata in chiesa. Benvenuto Rafa: forse non è piacione e rubacuori come lo Special-One, forse vincerà anche meno, forse chissà, ma finalmente l’Italia trova uno straniero che porta con sè un patrimonio di cultura sportiva veramente diverso. Di maghi e di istrioni con le loro strane innovazioni tattiche ne abbiamo già visti, di allenatori che impiegano i giovanissimi, quando i giovanissimi lo meritano, no.
Guardiamoci in giro. In Italia tutti piangono per la nazionale che non ha più materia prima su cui lavorare. Tutti piangono sulla figuraccia dell’Under 21, dove giocano giocatori che non giocano mai nei loro club. Tutti dicono che il fair-play amministrativo, con la fine delle voragini di bilancio, debba partire dai vivai...
E come no. Quante volte ci siamo fatti la bocca con questa storia dei vivai. Tutti sono dell'idea che le nostre squadre debbano piantarla di acquistare all'estero, comiciando invece ad investire sui settori giovanili. Opinionisti tv, strateghi di mercato, vecchie glorie e nuovi profeti: in Italia parlano tutti di giovani. Bisogna farli giocare, bisogna buttarli dentro. Percentuale cento per cento di adesioni, plebisicito bulgaro. Poi però vediamo quale è la realtà dei fatti. Come la riforma delle pensioni: tutti la vogliono, nessuno la fa. Per schierare un diciottenne in pianta stabile, bisogna che una feroce pandemia stermini senza pietà tutti i trentenni della rosa.
Adesso già si sentono le prime saccenti controtesi: bella forza, questo Benitez, Coutinho lo farebbe giocare chiunque. Siamo bravissimi, con le chiacchiere. Ma anche questa è una fesseria. Pochissimi allenatori, in Italia, avrebbero schierato così presto Coutinho titolare. Qui c’è la mentalità nonnista e gerontocratica che considera un calciatore diciottenne acerbo, inaffidabile, lunatico, imprevedibile. Il massimo della nostra apertura è concentrato in una storica frase: si farà. Bella anche un’altra: il giovane “va gestito“. In realtà, è un sistema che parla benissimo e opera malissimo. I nostri ragazzini hanno un percorso segnato: devono aspettare lunghe stagioni in panchina, poi una domenica, per una serie incrociata di coincidenze, forzatamente li provano, e allora immancabilmente si decide subito che devono andare a farsi le ossa in provincia. Quante volte l’abbiamo sentita, questa di “farsi le ossa in provincia“. Chi ne sa poco di calcio, giustamente si chiede che cosa diavolo facciano alle povere ossa dei ragazzini, nella dannatissima provincia. Il percorso comunque è al capolinea: novantanove su cento, il lungo viaggio della speranza si chiude con il nulla di fatto. I ragazzi vengono dati per dispersi (resta il dubbio che le ossa volutamente gliele spacchino, in provincia). Per un Del Piero che torna dal Padova, ce ne sono diecimila che non tornano mai. Difficile credere che siano tutti brocchi e impediti.
Vogliamo dire la vera verità? In Italia non ci sono allenatori che sopportano i chiaroscuri, gli alti e bassi, i vuoti di memoria del campione bambino. Non ci sono presidenti che sopportano allenatori che sopportano il campione bambino. Non ci sono pubblici che sopportano presidenti che sopportano allenatori che sopportano il campione bambino.
E allora applausi scroscianti a Rafa Benitez. Non ha la sciarpetta di cachemire e il capello giusto, ha guance rubizze e sudorazione esagerata. Ma nel suo calcio il talento non ha età.

Con il coraggio dei miti di spirito, si dimostra allenatore rivoluzionario. Uno dei pochi. Almeno qui in Italia, in questo strambo Paese, dove tutti amano tantissimo i giovani, purché abbiano un’esperienza quarantennale.

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