Claudia Passa
da Roma
Non cè giallo che si rispetti senza un diario rivelatore. E così, anche per il «mistero» del covo di Riina, il diario in questione porta la firma di Vittorio Aliquò, ex procuratore aggiunto di Palermo. Oggi, però, quel prezioso manoscritto assemblato dal magistrato per il superiore Giancarlo Caselli, rischia di diventare un boomerang per la Procura del capoluogo siciliano perché contiene una circostanza non vera, destinata a rivoluzionare il processo contro il prefetto Mario Mori e il tenente colonnello Sergio De Caprio (alias «Ultimo»): al contrario di quel che scrive Aliquò, e che lo stesso magistrato ha confermato in dibattimento il 3 ottobre 2005 a Palermo, lallora vicecomandante del Ros, Mario Mori, il giorno 27 gennaio 1993 non partecipò alla riunione in Procura su cui la pubblica accusa punta parecchio. Non disse che «losservazione del complesso di via Bernini stava creando tensione e stress al personale operante». Non fece nessuna «melina» riguardo la perquisizione della villa di via Bernini, che invece - annota Aliquò - Caselli sollecitava. Non parlò di accertamenti patrimoniali ai Sansone, amici di Riina. Non disse niente che lasciasse pensare a un comportamento sospetto del Ros perché, molto semplicemente, Mori a Palermo non cera. Quel giorno era a Roma. Alle ore 9 si trovava nel carcere di Rebibbia per interrogare lex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino. E non era solo: aveva al fianco il pm Antonio Ingroia, che nella richiesta di archiviazione per Mori e De Caprio loda la «scrupolosa e minuziosa cronaca del dottor Aliquò in presa diretta», e cita ripetutamente i fatti raccontati dal collega in merito alle annotazioni della riunione del 27 gennaio 93 per evidenziare le «gravi perplessità» sullattendibilità dei vertici del Ros. Ingroia ci torna su anche il 7 ottobre, in udienza, con Aliquò testimone: «In questa circostanza, in questo incontro del 27 gennaio, vi furono riferimenti del generale Mori alla tensione e allo stress del personale là?». Risposta di Aliquò: «Sì... che erano sotto stress, qualcosa del genere la accennò senzaltro». E ancora. Esortato dallavvocato Piero Milio, difensore di Mori, a specificare meglio i presunti «cenni» che lex ufficiale del Ros avrebbe fatto in merito alla sospensione del controllo del covo, Aliquò ribadisce ciò che, peraltro, aveva già confermato in precedenza anche a Milano dove aveva deposto, come teste, nel procedimento per una querela ai giornalisti Lodato e Bolzoni: «La riunione avvenne il 27 gennaio 1993».
Ma non è solo il verbale di Ciancimino a smentire la data sul diario di Aliquò (nel quale, fra laltro, si dà erroneamente per arrestata la moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella). È lo stesso prefetto che, senza ricordarsi dellex sindaco di Palermo, a fine udienza guarda il suo avvocato, si alza di scatto, chiede la parola e sbotta: «Signor presidente, è con dispiacere che constato che il dottor Aliquò nel suo diario e nelle testimonianze che mi riguardano ha fatto delle affermazioni non corrispondenti al vero. Mi riferisco, in particolare, alla giornata del 27 gennaio 1993». Ancora. Mori ha ripescato da vecchie agende e dai fogli di servizio tutta una serie di appuntamenti per quel giorno a Roma, non a Palermo. «Con il giornalista Giancarlo Zizola, alla presenza del capitano Michele Ferlito, nellufficio di Ponte Salario, che mi ha rappresentato situazioni sulla sua sicurezza personale». (Zizola ha confermato). Poi si è visto «a pranzo con il magistrato della Dna, Alberto Maritati», a seguire, nel pomeriggio, «ho ricevuto il capitano Marco Picone» e via discorrendo. Aliquò può aver sbagliato giorno? Forse è il 28? Mori ghigna: «La mattina lho passata a Roma, poi sono partito per Catania, alle 18 sono arrivato a Caltanissetta dove ho parlato con il dottor Giovanni Tinebra...». Forse il 29? Macché: «Ho parlato con i carabinieri a Enna».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.