Roma

Crac Federconsorzi: la «madre» di tutti gli errori giudiziari

BORDONI «Questo sarà uno stimolo per chi vuole investire e avere risultati certi»

All’Istituto Sturzo c’è una folla molto qualificata, di politici come Emilio Colombo e Gerardo Bianco, giuristi come il giudice costituzionale Paolo Maria Napolitano e giornalisti. C’è la presentazione di un libro su uno dei maggiori errori giudiziari degli ultimi decenni, quello che riguarda il crac della Federconsorzi. Si chiama «Processo a un’idea» (Brioschi ed.) e lo ha scritto Giovanni Panebianco. Come ufficiale della Gdf seguì l’epilogo del più grande scandalo fallimentare del secolo e ora lo narra da tecnico e da scrittore. Scandalo fu, perché dopo 10 anni di vicende in 3 gradi di giudizio, enormi spese e costi umani non risarcibili è arrivata l’assoluzione totale in Cassazione, più ampia di quella in Appello, che ha bocciato la condanna del tribunale di Perugia a 4 anni per i protagonisti della vicenda: il professor Pellegrino Capaldo e il presidente del tribunale fallimentare, Ivo Greco. Il primo partorì nei primi anni ’90 l’«idea» innovativa per non far pagare ai creditori lo sfacelo della Federazione di oltre 2 mila consorzi agrari:creare una società che acquistasse i suoi beni, la Sgr. Il secondo credette in quel piano e ne seguì la realizzazione nel più rigoroso dei modi, convinto di ridurre così i danni del crack. Nel confronto, moderato dall’editorialista del Sole 24ore Stefano Folli, Capaldo spiega: «Alla Sgr potevano partecipare solo i creditori e in proporzione ai loro crediti. Così si evitavano lunghe e dannose procedure tradizionali che si protraggono anche per 10-20 anni. Un’idea limpida, che non poteva celare intenti speculativi. Anzi, voleva essere un modello per il futuro. Tutto andò benissimo, fino all’incursione della procura di Perugia». Un’incursione brutale, che stroncò la carriera di due personaggi all’apice del loro cursus honorum: il primo nel mondo finanziario e accademico, che lasciò l’insegnamento; il secondo nella magistratura, che abbandonò la toga 2 anni prima del tempo. «I giudici - spiega Greco- non si ringraziano mai, né per le sentenze giuste e dovute nè per quelle ingiuste che il sistema deve correggere. Ma a quelli della Cassazione voglio dire un grazie perché nella sentenza sono andati oltre il dovuto, sottolineando “la mancanza assoluta del mero sospetto di un’ipotesi di corruttela“, anche se questa non è stata mai apertamente avanzata». Per Almerighi i pm «si fecero forti della perizia dei consulenti da loro nominati, che spesso si appiattiscono sulla linea accusatoria: è una delle patologie gravissime del sistema». Valutarono i beni in 4 mila miliardi e poiché furono venduti a poco più di 2 mila, i pm inseguirono l’inverosimile accusa di bancarotta fraudolenta, che si rivelò basata sul nulla. «Purtroppo - osserva Bernardino Libonati, ordinario alla Sapienza di diritto commerciale - spesso la politica ignora le esigenze dei cittadini. Dopo l’attesa riforma del diritto fallimentare del 2005, nessuno solleverebbe obiezioni a un piano Capaldo».

«Sì, ma si può fare senza incorrere in gravi rischi, com’è successo a noi?», ribatte Capaldo.

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