Se ci fosse ancora il libero mercato la Royal bank of Scotland oggi non esisterebbe più e i suoi dipendenti sarebbero disoccupati. Ma il governo britannico l’ha salvata dalla bancarotta, assumendo il controllo del 68% del capitale, e oggi i suoi manager si apprestano a incassare bonus per decine, anzi centinaia di milioni di sterline. Come ai bei tempi. E la rabbia popolare contro la casta dei banchieri cresce.
Lo scoop lo ha fatto il Times, suscitato una valanga di commenti sui blog, a cui si sono uniti volentieri anche internauti oltre Oceano; perché in America non è ancora sbollita la rabbia per i premi da 18,5 miliardi di dollari che si sono spartiti i dirigenti delle banche salvate con 350 miliardi di dollari. Quasi tutti immeritati: perché la maggior parte di quei dirigenti sono responsabili del disastro finanziario che sta affondando il mondo.
A Londra, fonti della Roytal Bank, rilevano che una parte del management merita i bonus, in particolare quelli che operano sul mercato delle valute e fanno trading di obbligazioni e materie prime, che hanno chiuso l’anno in forte attivo, mentre le perdite sono state generate dai prodotti di credito strutturati. Il problema è che, a quanto si intuisce, i bonus non saranno mirati, ma distribuiti a pioggia. E che per qualcuno saranno addirittura a sei zeri. «I premi saranno consistenti e sarà molto difficile che il pubblico capisca», ammette una fonte dell’Uk Financial Investment, l’organismo statale che gestisce la banca.
A dire il vero non capiscono nemmeno i tre principali partiti, compreso quello laburista, che hanno rilasciato dichiarazioni infuocate. «È una cultura alquanto perniciosa e deve essere cambiata», ha dichiarato Vincent Cable, del Partito liberaldemocratico. Eppure il premier Brown ha lasciato intendere che non bloccherà la distribuzione di bonus. Ma non ha spiegato la ragione di questa.
Appena 24 ore prima aveva dichiarato il proprio «forte sostegno» alla decisione di Obama di porre un tetto di 500mila dollari agli stipendi dei dirigenti degli istituti salvati dallo Stato. Evidentemente è bastata una notte per fargli cambiare idea o forse il potere di condizionamento della City è ancora molto forte, nonostante i disastri provocati negli ultimi mesi. Più forte della rabbia dei cittadini che non ne possono più di una casta avida e sprezzante.
Pressato dai cronisti, il capo del governo ha dichiarato che intende «cambiare il sistema di compensazione dei banchieri», ma si è rifiutato di impegnarsi sulla questione dei bonus, mentre il ministro delle Attività produttive del Regno Unito Peter Mandelson si è limitato a deplorare e ha invitato i banchieri a «considerare la sensibilità dell’opinione pubblica».
Quello della Royal Bank of Scotland non è l’unico caso. In Svizzera giornali sono furiosi con l’Ubs, che dopo essere stava salvata dalla Confederazione grazie a due interventi pari a quasi 70 miliardi di franchi svizzeri, ha annunciato la distribuzione di bonus per il 2008 pari a due miliardi e proprio questa settimana avrebbe assunto duecento broker offrendo, ai livelli più alti, premi pari al 260% dello stipendio riferimento, e a quelli «di mercato» tra il 160 e il 200%.
Tutto questo da una banca che ha perso il 90% di capitalizzazione e che, secondo alcuni economisti elvetici, potrebbe aver bisogno di altre iniezioni di denaro pubblico. Insomma, i suoi dirigenti non hanno capito la lezione.
E non l’ha capita nemmeno Citigroup, che negli Usa, è al centro di una nuova, feroce polemica. Nell’arco di pochi mesi è stata salvata ben due volte dalla bancarotta, ma non intende rinunciare alla sponsorizzazione del nuovo di baseball dei New York Mets, per il quale ha stanziato 400 milioni di dollari.
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