Crac Perugia, in manette la famiglia Gaucci

Un buco da 50 milioni. Carraro: «Provo dispiacere»

Gianluigi Nuzzi

Anche la vendita di Hidetoshi Nakata, l’asso asiatico nato il 22 gennaio 1977 a Yamanashi. Quello che impressionò ai mondiali di Parigi e che venne ceduto alla Roma nel 2000 dopo 15 partite. Anche quei dieci milioni di plusvalenze che finirono solo in parte nelle casse dello sgangherato Perugia calcio. Gli altri denari, per l’accusa del pm Antonella Duchini, finirono sotto banco, sui conti diretti dei Gaucci. Anche la compravendita del Castello di Torre Alfina, splendido, lussuoso complesso tra il Viterbese e l’Umbria. Passò di mano per 30 miliardi di vecchie lire. E, anche qui, quando venne venduto dall’Ac Perugia calcio, i Gaucci per l’accusa sparigliarono i conti per incassare utili ai danni delle casse sociali, incrementando un’evasione fiscale che sfiora i 40 milioni di euro.
A Perugia finisce un’era. Con sette ordinanze di custodia cautelare, quattro per la famiglia Gaucci, si ammaina la bandiera del club. Un crac da 50 milioni di euro, maturato dal 2000 ed esploso con il fallimento del 17 dicembre scorso. In carcere Antonio Gaucci, fratello del presidente Luciano, ricercato e presto dichiarato latitante (per lui potrebbe scattare un mandato di cattura internazionale), i figli di quest’ultimo, Alessandro e Riccardo, il commercialista romano Gianni Leuti, già presidente del collegio sindacale del club e i sindaci Ercole Navarro e Paolo Annibali. Erano complici, per la procura della città umbra, di una progressiva spogliazione della società, falsificando i bilanci, sottraendo beni ai cespiti del Perugia, ostacolando gli organi di vigilanza. Da qui le accuse: associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, false comunicazioni sociali, truffa, ostacolo all’attività degli organi di vigilanza. Chi decideva e coordinava l’associazione sarebbero stati i Gaucci con posizioni ovviamente diverse. Luciano come dominus, Antonio consigliere del club, Alessandro amministratore delegato e Riccardo vice presidente del Cda. Al nucleo provinciale della Guardia di Finanza l’inchiesta va avanti in gran segreto da mesi. Diversi i sistemi per drenare i beni, circa 70 miliardi di vecchie lire intestandoli a fondi e società estere o a soggetti fisici. Eludendo così le ricerche di chi voleva assicurare i creditori del fallimento. Insomma stoppare la strada di chi cercava di rivalersi sui beni della società. Gli inquirenti stanno ripercorrendo la storia finanziaria degli ultimi cinque anni, con l’ingresso nel capitale della misteriosa Kilpeck Overseas Corp che controlla il club con il 99,54 per cento delle azioni. Una situazione particolare, in apparenza gemella del Catania calcio. Anche in questo caso, infatti, la famiglia Gaucci non compariva nell’elenco soci della Camera di Commercio. Anche qui si trovava la maggioranza in mano ad una società estera, ovvero la Audette Holdings Corp. In particolare il fascicolo che riguarda Luciano Gaucci è il più corposo. All’interno anche riferimenti a procedure fallimentari aperte su altre società come la Intersistemi, in crisi dal 2 febbraio 2005 e «La Milanese» in fallimento dal 28 marzo 2001.
L’arresto dei Gaucci gela la tifoseria, divide la comunità sportiva. «Quando apprendo - reagisce Franco Carraro, presidente di Federcalcio e spesso oggetto di polemiche da parte di Luciano Gaucci - che qualcuno è stato arrestato provo dispiacere. Ma non posso dire altro, in quanto nutro il massimo rispetto per il lavoro della magistratura». Critico sulle misure cautelari è Claudio Lombardi, difensore di Riccardo Gaucci: «Da quello che posso vedere - afferma - mi pare che le esigenze cautelari non sussistano proprio. Riccardo non si aspettava assolutamente questo provvedimento». C’è anche da dire che quest’ultimo, vice presidente del CdA del Perugia, si è staccato dagli interessi di famiglia e cura soprattutto la sua agenzia viaggi aperta nel capoluogo umbro.

Storie sempre più distanti dal club che ha chiuso i battenti dopo un secolo esatto di vita. Gli arrestati saranno ora interrogati dal gip per la contestazione formale di tutte le accuse.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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