«Credito cooperativo anticrisi Adesso puntiamo sulle città»

«Credito cooperativo anticrisi Adesso puntiamo sulle città»

«La crisi si è spostata sull’economia reale e quindi anche i gruppi bancari che sono rimasti agganciati ai fondamentali, stanno subendo dei contraccolpi. Le Banche di credito cooperativo mantengono però un buon andamento: gli impieghi sono in crescita del 10% circa contro una media di mercato prossima al 2-3 per cento»: il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi, sottolinea la buona tenuta delle Bcc. Un sistema composto da 430 banche di credito cooperativo e casse rurali, distribuite su tutto il territorio nazionale (47 nella sola Lombardia), che operano in modo autonomo ma si avvalgono del coordinamento di Federcasse (l’associazione nazionale di rappresentanza) e dei servizi e prodotti di Iccrea per trarre sinergie dalla condivisione di attività come il leasing, la monetica, i servizi di pagamento, la finanza straordinaria, il factoring, la bancassurance e il risparmio gestito. In tutto si tratta di 4.200 sportelli, abbastanza per fare del mondo delle Bcc, pur nelle proprie peculiarità «autonomiste», la terza realtà creditizia più ramificata sul territorio nazionale dopo Intesa Sanpaolo (6.350 filiali) e Unicredit (5.050). «Il fatto di aver mantenuto aperti i rubinetti, come segno di coerenza con la nostra missione di banche del territorio vicine a famiglie e imprese, non è privo di effetti, anche sulla qualità del credito», ammette però Azzi impegnato anche a gestire la successione alla direzione generale di Federcasse dopo l’improvvisa scomparsa a metà maggio di Franco Caleffi.
Presidente Azzi, prosegue il deflusso di clienti dalle grandi banche del Paese verso gli istituti più piccoli?
«Registriamo una buona progressione nel numero dei rapporti di conto corrente e anche in questo caso l’obbiettivo a fine anno è una crescita del 10%».
La crisi mondiale ha fatto crollare molte delle leve finanziarie con cui i big internazionali sollevavano i risultati di bilancio. Ritiene che per fare credito sia meglio non essere quotati in Borsa così da restare al riparo dal ritmo delle trimestrali?
«Un sistema finanziario avanzato deve contare su una pluralità di soggetti protagonisti: grandi gruppi creditizi impegnati sul fronte internazionale, istituti di medie dimensioni e banche del territorio. I pesi massimi puntano sulle economie di scala; le Bcc sulla conoscenza delle famiglie e delle imprese loro clienti».
Una «vocazione» simile a quella delle Popolari...
«Le Bcc sono molto più piccole e non hanno come finalità la distribuzione di un dividendo ai soci, ma il solo sostegno allo sviluppo delle comunità in cui operano».
Alcuni analisti sottolineano però il rischio che le piccole banche stiano dando rifugio, sotto la bandiera del localismo, anche ai clienti poco solidi che si sono visti negare ulteriori prestiti dai grandi gruppi...
«Il conto economico delle Bcc è solido: il nostro coefficiente di patrimonializzazione è migliore della media del sistema. Sappiamo fare i nostri conti, mi lasci dire che queste paure non hanno ragione d’essere; l’attuale congiuntura è difficile, ma le Bcc sono in grado di affrontarla facendo leva sui propri mezzi e sulla forte penetrazione del territorio. Utilizzando un termine caro alla Borsa, potremmo considerare le Bcc realtà “anticicliche”».
Dopo la rinuncia a Intesa Vita da parte di Intesa e Generali, il mondo della finanza si sta interrogando sulla validità del modello della bancassurance. Quale sarà la strategia delle Bcc?
«In questo momento è meglio che ognuno faccia bene il proprio mestiere, tuttavia la bancassurance abbraccia servizi abbastanza prossimi a quelli bancari e quindi le Bcc continueranno a percorrere gli accordi distributivi in essere».
La crisi ha dato una forte sforbiciata ai prezzi, siete pronti a valutare anche una crescita per linee esterne? La prima occasione sono le filiali che cede il Monte Paschi per limiti Antitrust...
«Ci siamo sempre sviluppati per linee interne e oggi contiamo 4.200 sportelli, più del 12% dell’intero sistema creditizio italiano. Non vedo la ragione di procedere a grandi acquisizioni, anche perché preferiamo crescere dal basso piuttosto che acquistare sportelli impiantati da altri con logiche differenti. Spesso apriamo coinvolgendo clienti che sono potenziali soci della banca e puntiamo a farli diventare tali; un fattore fedeltà che in prospettiva lascia alla banca maggiori margini di manovra e risparmi perché significa instaurare un rapporto con il cliente basato non sulle sole commissioni».
In quali macro aree italiane sarà concentrata la crescita delle Bcc nei prossimi anni?
«La nostra storia ha radici artigiane e rurali. Le Bcc sono nate nei paesi, all’ombra del campanile. Ora l’obbiettivo è aprire nelle città e nelle metropoli, senza però rinunciare al contatto con il territorio».


Le vostre filiali sono altrettante antenne sul territorio, famiglie e piccole imprese come stanno reagendo alla recessione?
«La crisi c’è ancora e non sarà breve. Ma la supereremo. Credo che non siamo ancora nella fase di recupero, settembre sarà centrale per capire le prospettive».

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