Credito, una corsa a ostacoli per le imprese

«Io non ti conosco, io non so chi sei...». Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, parla di «spersonalizzazione del rapporto con la clientela». È un fenomeno in base al quale l’imprenditore, specie se piccolo e anonimo, si trova sbarrata la porta della banca, specie se grande, quando chiede un finanziamento. L’assenza di conoscenza genera il mostro della rarefazione del credito soprattutto in tempi di crisi, quando le sofferenze rischiano di sconfinare nella palude dei crediti inesigibili e gli istituti alzano paletti sotto forma di tassi più onerosi e maggiori garanzie pretese. Finendo talvolta per bocciare la richiesta di prestito. Negli ultimi sei mesi, un’azienda su cinque ha incontrato intoppi nell’accesso al credito, fa notare Unioncamere. È un guaio, perché questa restrizione dilata il rischio usura.
Più volte stigmatizzato a livello europeo dal presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, messo ripetutamente sotto accusa dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il fenomeno del credit crunch è duro a morire. In Italia, inoltre, ha connotati peculiari. Per cominciare, spesso le imprese del Sud si vedono imporre dalle banche condizioni peggiori. Come ricordava una recente indagine di Bankitalia, esiste un divario tra i tassi applicati al Nord e quelli al Sud. Ciò chiarisce il motivo per cui le aziende del Mezzogiorno ricorrono in misura inferiore al credito bancario rispetto a quelle centro-settentrionali (61,8% contro il 65%, secondo Unioncamere), dove tra l’altro è più basso il numero di soggetti che denunciano problemi nell’ottenere un prestito (30,9%, mentre al Sud la percentuale è del 36,3%). A livello nazionale, spiega Unioncamere, «il 20,7% delle aziende italiane dichiarano di aver avuto difficoltà nell’accesso al credito bancario negli ultimi sei mesi, a fronte di un 43,3% che non segnala alcun aggravio e un restante 35,9% che non ha invece richiesto prestiti e finanziamenti alle banche nel corso dello stesso periodo».
L’indagine segnala inoltre l’aumento delle aziende, pari al 32,4%, «che hanno dovuto fronteggiare problemi legati alla limitazione nell’ammontare del credito erogabile, all’incremento degli spread, alla richiesta di maggiori garanzie reali, o addirittura si sono viste respingere la richiesta di finanziamento». Questo fenomeno è particolarmente avvertito dai piccoli imprenditori quando si rivolgono al grande gruppo bancario, mentre «le banche più piccole - spiega Dardanello -, quelle più vicine al territorio in cui operano, sono anche quelle che meglio delle altre sanno rispondere alle esigenze del sistema produttivo.

Questo - aggiunge - conferma la mia convinzione che, accanto a dati di bilancio e ratios, occorre valorizzare nella concessione del credito il fattore della conoscenza dei territori e delle persone che operano nelle aziende di quei territori». Anche per non far finire le imprese negli ingranaggi dell’usura.

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