Il 30 dicembre 1989 Lionello Manfredonia cadde a terra nell'area della Roma, a Bologna. Andò in arresto cardiaco, lo salvarono, si ritirò dall'attività agonistica ma da allora non ha più avuto problemi di salute.
Manfredonia, per Cassano si parla di ictus ischemico.
«Strano per un ragazzo di 29 anni, non sappiamo con certezza cos'abbia avuto. Il mio caso fu particolare. Dissero che ebbi un infarto, non era vero, non mi è accaduto più nulla. Se ne parlò a sproposito, la diagnosi iniziale fu errata, mi revocarono l'idoneità sportiva, negandomi la possibilità di ritornare».
Cassano tornerà?
«Dipenderà molto dai medici sportivi, non so come reagiranno a questo caso. Mi auguro che siano meno ferrei rispetto al mio caso, magari tra due settimane lo rivedremo subito allenarsi».
Da sportivo, è preoccupato?
«Tutti lo sono. Non è normale per un calciatore una situazione del genere».
A distanza di 22 anni, che ricordo ha della sua disavventura?
«Cassano non è andato in coma, io vi restai 3 giorni, anche se vigile».
Rimpianti per aver chiuso la carriera a 33 anni e mezzo?
«Avevo la possibilità di autocertificarmi l'idoneità, in campionati stranieri, scelsi di ritirarmi. Ricordo Kanu, all'Inter ebbe un problema al cuore, in Inghilterra ha tranquillamente ripreso».
Non finirà qui la carriera del fantasista azzurro?
«Non credo. Quanto è capitato a me e lui può succedere a chiunque».
Il mese scorso Cassano aveva manifestato overstress?
«Parlava magari per la delusione dell'inizio stagione, ora era titolare in Nazionale e nel Milan».
Lei quando si sentì male, ebbe segni premonitori?
«Non stavo a posto mentalmente, era morta mia madre da poco, non penso però che abbia inciso. Avevo somatizzato troppo il dolore, ma non fu determinante. Incisero febbre e freddo intenso».
Dopo quanti mesi la vita tornò come prima?
«Già all'uscita dall'ospedale ero a posto».
Perchè non ha fatto l'allenatore?
«Neanche per quella professione ebbi l'ok. Dicono sia troppo forte lo stress».
Adesso cosa fa?
«L'agente Fifa e... il papà: ho cinque figli».
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