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Una crepa nel cuore delle Alpi Crolla un pezzo di Dolomiti

Il geologo: «Succede quattro o cinque volte in un anno, non possiamo farci nulla. Prevenire? Impossibile, dovremmo chiudere tutta la catena»

nostro inviato

a Sesto Pusteria (Bolzano)
Francesco Tschurtschenthaler, classe '53, da trent'anni gestore della Baita di Piano Fiscalina, oltre al cognome impronunciabile sfoggia un volto cotto dal sole, più rosso del suo maglione. Ha la calma olimpica della gente di montagna, abituata a parlare poco e piano e a camminare molto e spedito. Ma quello che ha visto e sentito ieri mattina, verso le 9, non se lo scorderà facilmente.
«È iniziato con una piccola nuvola bianca che spiccava contro un cielo perfettamente azzurro - racconta -. Poi il rumore dei sassi che venivano giù da lassù, con un brontolio sempre più forte». Lassù è Cima Uno, un becco aguzzo di roccia dolomia che punge il cielo a 2.598 metri d'altezza e che domina quel villaggio lindo, da favola per bambini, che è Sesto Pusteria, 1.940 anime in tutto. «La frana ha proseguito per quasi un'ora, ingrossandosi, fino a quando, erano le 10 meno 10, è sembrato venisse giù tutto, con un rumore fortissimo, come quando esplode un vulcano - prosegue Francesco -. Poi, dopo pochi minuti, non ci si vedeva quasi più. Tutto avvolto da una nuvola di polvere bianca».
Arrivando qui alle 17.30 della sera, lo spettacolo è infatti quello di una nevicata improvvisa, fuori stagione. O di una bizzarra Pompei tra le montagne, avvolta in un sudario di cenere candida. Tutto è bianco: alberi, strade, staccionate, il piazzale del parcheggio dove un'auto blu sembra uscita da un blizzard del Klondike, il tetto della baita e pochi metri più avanti, prima del bosco, quello dell'Hotel Dolomitenhof, attualmente chiuso. La piramide di roccia di Cima Uno è lacerata dalla vetta fino alla base da una profonda ferita chiara, come il graffio inferto dall'unghia di un gigantesco orso da leggenda nordica.
Poi, all'improvviso, alle 17.40, davanti i nostri occhi, quell'immobile cicatrice di roccia sembra muoversi, prendere vita, diventare quasi fluida. Ed ecco il rombo che si fa via via brontolio cupo, mentre una cascata di sassi e macigni rovina nuovamente sollevando un'altra gigantesca nuvola di polvere che sembra un fiotto di latte in un bicchier d'acqua. E giù nella valle, pochi istanti dopo, è come nebbia fitta, roba da Val Padana.
Francesco sorride, perché nessuno si è fatto male. Ma se succedeva un mese fa, in piena stagione, sarebbe stata una strage. Qualcuno ha evidentemente vegliato sulla quarantina di escursionisti, tutti tedeschi e svizzeri, che ieri mattina si erano incamminati lungo il sentiero 103, quello che porta al Rifugio Comici. Per una dozzina di loro, capitanati dalla guida locale Andreas Maier e partiti poco prima delle 8, per un po' si era anche temuto il peggio. E il peggio, del resto, li ha sfiorati, come racconta lo stesso Maier. «Abbiamo anticipato di poco il ritorno e questo ci ha salvati - ammette -. Se avessimo rispettato la tabella di marcia ci saremmo trovati lì proprio nel momento del crollo. Per fortuna, quando Cima Uno è franata, eravamo già al riparo, in sicurezza, anche se per un po' non abbiamo visto più nulla, accecati da quella fitta nuvola bianca. Poi siamo scesi».
Per lui, come per l'impronunciabile Francesco e per il sindaco Fritz Egarter, l'evento è sì eccezionale per dimensione, ma non costituisce più di tanto una sorpresa. Loro, che a queste vette danno del tu da quando sono nati, ricordano altri crolli da una quindicina di anni a questa parte, molto più ridotti, ma sempre più frequenti. E sanno che è normale. Così come conoscono già il responso dei rilievi geologici previsti per lunedì prossimo, in quanto hanno coscienza che «la montagna è marcia», come dice Francesco, attraversata com'è da mille infiltrazioni «perché ci sono giornate in cui passi da più 15 gradi a sottozero, perché tre settimane fa ha nevicato e poi è venuta la pioggia». Si consola, però, il primo cittadino, perché la gente di qui ora non corre nemmeno rischi per la salute. «Se fosse roccia quarzifera, allora sì la polvere sarebbe nociva», spiega. Ma la dolomia sarà anche marcia, però è di tutt'altra pasta. È buona.

Per questo qui le danno tutti del tu.

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