Ci mancava anche la Tobin tax. Mentre ledificio della moneta unica brucia, i leader europei si complicano la vita baloccandosi e dividendosi sullimposta per le transazioni di Borsa. Nel vertice di Berlino di ieri Nicolas Sarkozy ha ribadito di volerla a tutti i costi e preferibilmente per lintera Ue, Angela Merkel ha detto che si accontenterebbe di un accordo a livello dei 17 Paesi delleuro, mentre il giorno precedente il premier britannico Cameron aveva ribadito che unimposta del genere non avrà mai lapprovazione di Londra (dei 55 miliardi di gettito atteso il 60/70% arriverebbe dalla City). Il bello era che il primo summit dellanno tra il presidente francese e la cancelliera tedesca doveva avere come tema principale la crescita. E come la Tobin tax centri poco o nulla con laumento del Pil lavevano spiegato già mesi fa lattuale presidente della Bce Mario Draghi («crea più problemi di quanti ne risolva») e il suo predecessore Jean-Claude Trichet («è come introdurre sabbia negli ingranaggi delleconomia»).
Naturalmente il problema non è economico ma politico: Sarkozy si sta posizionando per le elezioni presidenziali di primavera e ha bisogno di un provvedimento che dimostri la sua lontananza dal mondo della speculazione finanziaria e spiazzi il suo rivale socialista François Hollande. Per questo già in febbraio presenterà al Parlamento di Parigi un progetto di legge su unimposta per gli scambi di Borsa, che entrerà comunque in vigore se ladozione del provvedimento europeo si rivelerà troppo complicata. La Merkel dà corda allinquilino dellEliseo nel nome del direttorio franco-tedesco. A costo di litigare con gli alleati di governo, i liberali della Fdp, fermamente contrari al progetto, e di approfondire il solco con il leader inglese Cameron.
Tobin tax a parte, tra le notizie dellincontro Merkel-Sarkò cè il colpo di acceleratore sullapprovazione del patto sulla disciplina di bilancio: se ne parlerà nel prossimo vertice di Bruxelles del 30 gennaio e la firma dovrebbe arrivare entro il primo marzo. La notizia ha contribuito alla lieve ripresa delleuro sui mercati internazionali (in serata +0,2% nei confronti del dollaro), mentre le Borse, deboli in tutta Europa (-0,7% Londra e Francoforte, -0,3% Parigi, -1,67% Milano trascinata dal crollo delle banche) sembrano aver risentito più della debolezza di alcuni dati macroeconomici. Ma che la tensione resti alta è dimostrato dallandamento dello spread Btp-Bund, arrivato a quota 530.
Gli ottimisti hanno tratto ragioni di conforto da un passo della dichiarazione congiunta franco-tedesca in cui si dice che i due Paesi intendo chiedere alla Bce il modo di potenziare lEfsf, il fondo salva-Stati europeo, accelerando lintroduzione dellEsm, lo strumento definitivo destinato a sostituire il precedente. Fino ad ora la Germania si era rifiutata di mettere altri soldi sul piatto, da aggiungere ai 440 miliardi attualmente a disposizione, unanimemente considerati insufficienti. Ma se sul tavolo del governo di Berlino arrivasse un progetto e una richiesta specifica degli uomini di Draghi le resistenze tedesche potrebbero essere meno efficaci.
Il problema più impellente (ed è così dallormai lontano novembre 2010) resta comunque la Grecia. «Non vogliamo che nessun Paese esca dalleuro», ha detto la Merkel. Atene ha bisogno entro il mese di marzo dellulteriore tranche di aiuti concordata. I nuovi prestiti hanno però una condizione, ha chiarito la cancelliera: la conclusione dellaccordo con le banche per la ristrutturazione del debito.
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