Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
«Quello che dico, né più né meno. Nel senso che... è documentato, non è un’invenzione. Basta prendere gli atti... che l’ufficio di Missione dei Beni Culturali per il centocinquantesimo anniversario è stato fatto dal governo precedente con il ministro Rutelli». E ancora. «Quindi, questo attuale (di governo, ndr) non c’entra niente perché tutte le situazioni del G8 e del centocinquantesimo anniversario si sono incardinate nel 2007, quindi col governo precedente». Con Prodi, dunque. A parlare, rivoltando di fronte ai pm di Firenze che indaga(va)no sui grandi eventi la vulgata che la cricca fosse fiorente solo con il centrodestra al governo, è Patrizio Cuccioletta.
Il provveditore alle opere pubbliche di Veneto e Trentino, nonché magistrato delle Acque di Venezia, è estraneo all’inchiesta, ma era già finito sui giornali perché intercettato spesso con il suo omologo toscano Fabio De Santis. Cuccioletta in quelle telefonate mostra di non saper nulla del coinvolgimento dell’amico, e anzi più volte gli raccomanda di «star fuori» dal giro di Angelo Balducci, senza evidentemente immaginare, come osserva a verbale uno dei pm, «che De Santis invece c’era dentro fino al collo». Agli atti resta quell’affermazione che rimarca come le radici della «cricca» affondassero nell’esecutivo di Romano Prodi. In realtà non si tratta di una novità. Se il centrodestra si è infilato in questa storia per le vicende di Scajola oltre che per il coinvolgimento di Verdini, indagato a Firenze, i filoni che portano in direzione Pd sono molteplici. A cominciare dalle origini: l’inchiesta sull’area di Castello, a Firenze, investe la passata giunta di Leonardo Domenici, e porta alle dimissioni di un assessore. Il pasticcio dei grandi eventi nasce da lì, novembre 2007. Con intercettazioni di imprenditori e professionisti che si lamentano dell’esito dell’appalto per il nuovo auditorium di Firenze.
Non va giù che a vincere quella gara sia stata la «cricca romana». E si moltiplicano i riferimenti al gotha del centrosinistra capitolino. A cominciare da Walter Veltroni: «E certo, Veltroni. Quell’architetto è amico di Veltroni, Desideri, l’impresa è di Veltroni e il sindaco Domenici ha preso gli ordini da Veltroni, è una vergogna, ma che ci vuoi fare?», sbotta per telefono l’architetto Marco Casamonti. Esagera, forse: Veltroni non è titolare di imprese, anche se la Sac, che vinse la gara fiorentina, a Roma con la sua amministrazione ha lavorato, e molto. Tanto che quell’appalto è all’attenzione degli inquirenti. C’è poi il ruolo di Achille Toro. L’ormai ex magistrato romano che avrebbe spifferato alla cricca dell’inchiesta in corso ha avuto un incarico di prestigio nel precedente esecutivo.
Quando fu creato il ministero dei Trasporti, il ministro Alessandro Bianchi scelse proprio il giudice come capo di gabinetto. Un dettaglio che ha incuriosito gli investigatori, che sul punto sono tornati nell’interrogatorio con Antonio Di Pietro, e il leader dell’Idv non sarebbe stato tenero con l’ex collega. Ed è proprio Di Pietro che, a verbale, ha tirato in ballo il precedente esecutivo smentendo di fronte ai magistrati le affermazioni di Angelo Zampolini sul suo conto. Oltre ad accennare alle case di Propaganda Fide assegnate all’Idv, l’architetto di Anemone aveva sostenuto che Di Pietro era contrario agli appalti «accelerati» per i 150 anni dell’Unità d’Italia che invece volevano Prodi e Rutelli, e che aveva cambiato idea quando nel pacchetto ci finì pure l’auditorium di Isernia. Di Pietro ha smentito, scaricando la responsabilità di quel «grande evento» sull’allora premier Romano Prodi e, soprattutto, sull’ex vicepremier Francesco Rutelli, che era anche commissario straordinario per le celebrazioni. Tanto che ora i pm perugini vogliono ascoltarlo. Magari anche su un’altra gara al centro di frenetiche chiacchiere intercettate: quella per il palazzo del cinema di Venezia.
E il duo Prodi-Rutelli avrebbe un ruolo, almeno politico, in un altro appalto assegnato con criteri d’urgenza, finito recentemente nelle indagini con l’acquisizione degli atti da parte del Ros: quello per la ricostruzione del teatro Petruzzelli di Bari. Anche lì, ovviamente, era in azione la premiata ditta Balducci-De Santis, con il primo nominato commissario straordinario da Prodi in appena tre giorni dalla lettera con cui il sindaco di Bari chiedeva a Rutelli di intervenire. Di certo lo sdegno manifestato dal Pd sull’estensione agli appalti del «sistema protezione civile» nei giorni successivi ai primi arresti è via via scomparso.
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