Cultura e Spettacoli

Crisi Eppure tutti sono più generosi

di Luca Doninelli
Sabato, in una zona popolare vicino a casa mia, davanti a un supermercato alcuni amici hanno partecipato alla raccolta di generi di prima necessità promossa dal Banco Alimentare.
La sera stessa io e mia moglie abbiamo ricevuto un sms esultante: la raccolta, nonostante la crisi economica e il cattivo tempo, aveva superato di molto il record degli anni precedenti. Ancora non eravamo a conoscenza dei dati nazionali, che confermavano la sorprendente notizia ricevuta. Ma già i dati relativi a quel minuscolo pezzo di Italia, che è il mio quartiere, mettono in evidenza un fattore non calcolabile ma di estrema importanza.
Un tempo lo chiamavano: fattore umano. Un’espressione vecchia, caduta quasi in disuso. In un momento di grave difficoltà economica, sotto un cielo inclemente, in un supermercato frequentato prevalentemente da pensionati, la raccolta ha registrato il massimo storico. Nessun fattore dà ragione di questo dato, tranne il fattore umano.
Oltre ai generi alimentari, si raccolgono tante storie. La gente ha voglia di parlare. Molti sono poveri, ma sanno che c’è chi è ancora più povero, soprattutto con la crisi. Si parla di aziende che hanno dovuto chiudere i battenti, di papà rimasti senza lavoro, di ragazzi che devono abbandonare l’università per cercarsi un lavoro. Insomma, per tanta gente la crisi non è stata un motivo per dare meno, come anch’io avevo pensato. È successo l’esatto contrario. Perché sbagliavo? Perché anch’io, come molti, facevo i conti, usavo cioè la logica del «se tanto mi dà tanto».
Stando ai conti, una persona deve stare più attenta a spendere. Qualcuno lo dice: «Mi spiace, ma sa com’è, la crisi... Ne riparliamo l’anno prossimo». Ma queste perlopiù sono solo le scuse di chi non ha voglia di dare niente, di chi in ogni caso non avrebbe dato niente. Invece l’uomo va in controtendenza. È la sua forza. L’economia, la politica, le addizioni e le sottrazioni sono tutte cosa umane, eppure l’uomo è più di tutto questo. Esistono tante cose umane calcolabili, ma l’umano come tale è incalcolabile. Se la logica corrente dice: «Ho di meno, perciò do di meno», tanta gente ha fatto il ragionamento opposto: «Ho di meno, perciò do di più». Tra i due ragionamenti c’è di mezzo il mare, ed è un mare di gratuità. O, come la chiama il cristianesimo, di carità.
Giorni fa ho effettuato un viaggio in compagnia di un antropologo, che mi spiegava, in tono di trionfo, come il segreto dell’origine della nostra specie fosse stato finalmente svelato: l’uomo proviene da una varietà di scimpanzè detta bonobo. Mentre parlava dicevo tra me: guarda che strano, quest’uomo sa tutto sul bonobo, ma sembra non sapere più nulla dell’uomo. Gli antichi si sono domandati con stupore: che cos’è l’uomo? E la nostra somiglianza con le scimmie non sembrava turbarli più di tanto. Oggi non se lo chiede più nessuno, forse perché tutti credono di saperlo già.
Mi tornano alla mente gli interrogativi socratici, i versi di Sofocle, i Padri della Chiesa, ma soprattutto il Salmo che, rivolto a Dio, gli chiede: «Che cos’è l’uomo, che di lui ti ricordi?». Ci si gloria di avere scoperto la parentela tra l’uomo e il bonobo dimenticando che il vero quesito riguarda non già la loro parentela ma la loro differenza. La differenza è quel fattore umano che a livello sociale si esprime principalmente nella gratuità, nel gesto del dare, del donare a piene mani, come anche nell’accettazione di un dono che altri ci fanno. La stessa parola «perdonare» significa «donare tanto», «continuare a donare».
Ma il fattore umano non si può calcolare, non si può quantificare. Lo si può soltanto documentare attraverso il racconto. Chi fa informazione deve tenere sempre presente che il racconto non si esaurisce nei dati numerici che lo supportano, ma lo supera, giungendo talvolta a contraddire quei dati. La possibilità di dare e ricevere buone notizie sta tutta qui.

Il resto è prevedibilità, scontatezza o, come scriveva Leopardi, «tristezza e noia».

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