da Roma
Tutto dipende dall’esito della crisi del governo. E da chi siederà sulle due poltrone chiave per il futuro del trasporto aereo italiano: quella di palazzo Chigi e quella di via XX settembre. La sfiducia a Prodi ha riaperto la partita di Alitalia e ieri, per sottolineare quanto la cessione ad Air France non sia scontata, sono scesi in campo sindacati, industriali e politici del Nord. In primo luogo il leader della Lega Umberto Bossi che ha chiesto un’interruzione della trattativa tra la compagnia italiana e quella francese. «Chi firmerebbe un accordo? L’azionista di maggioranza è il Tesoro, ma se non c’è un nuovo ministro del Tesoro come si fa?».
Con la caduta di Prodi, insomma, manca l’interlocutore di Air France. Perché il variegato fronte di chi non vede di buon occhio Parigi, non ha dubbi sul fatto che a condurre la trattativa debba essere l’esecutivo e non Alitalia. A ricordarlo ieri sono stati i sindacati. In particolare la Cisl, con il segretario della Fit Claudio Genovesi e lo stesso segretario generale Raffaele Bonanni. Nonostante la crisi politica il governo è e rimane «l’interlocutore principale per la tutela degli interessi dell’Alitalia e del Paese», ha assicurato Genovesi. Questo, secondo Bonanni, perché solo l’esecutivo può fare chiarezza sul piano delle compagnie in corsa per Alitalia. E solo il potere politico può avere abbastanza forza per porre le condizioni che piacerebbero alla Cisl: difesa del livello occupazionale, conferma delle tratte internazionali e mantenimento del ruolo di hub (snodo) per Malpensa.
La vicenda dello scalo lombardo è la chiave per capire perché il caso si sta riaprendo. Il governatore della Lombardia Roberto Formigoni vorrebbe una moratoria di tre anni e minaccia milioni di cittadini del Nord in piazza nel caso venisse confermato il ridimensionamento dello scalo: «La procedura di vendita va fermata subito, bisogna rivalutare e confrontare tutte le offerte di acquisto fatte per Alitalia». Formigoni accusa il governo di avere «dimostrando un’inerzia che può diventare pericolosa», chiede la convocazione del tavolo. Perché a occuparsi delle prossime fasi non deve essere la compagnia italiana: «Non possiamo assistere all’assurdità di una situazione in cui Alitalia vende se stessa dopo averla portata al fallimento».
In questa fase di incertezza, anche gli imprenditori sono tornati a farsi sentire. «Malpensa non può essere abbandonata e declassata» e va evitato «il piano attuale che significa una riduzione di due terzi dei voli e la perdita di otto milioni di passeggeri in pochi mesi», ha detto Emma Marcegaglia, vice presidente di Confindustria.
Le argomentazioni delle aziende sono le stesse esplicitate prima che la presidenza del Consiglio e il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa facessero pendere la bilancia a favore di Air France e a sfavore di Air One. «In un territorio dove la domanda cresce - ha spiegato Marcegaglia - non possiamo accettare una scelta che crea problemi enormi per il Nord e il Paese». Confindustria non si schiera ufficialmente per la compagnia italiana guidata da Carlo Toto. Però ricorda che «ci sono piani alternativi a quelli di Air France che vanno considerati con attenzione». Alla compagnia franco-olandese imputa di non voler concedere una moratoria al taglio dei voli da Malpensa se non «di qualche mese».
Segnali che avvalorano la tesi di chi vede dietro a questa nuova offensiva del nord su Alitalia, se non un rientro in pista di AirOne favorito dell’assenza della coppia Prodi-Padoa-Schioppa, un tentativo di ottenere condizioni migliori dal governo e da Air France-Klm. In particolare per quanto riguarda le tratte internazionali. «Se, come emerge in questi giorni, ci sono compagnie interessate agli slot lasciati liberi da Alitalia su Malpensa, allora potrebbe rivelarsi inutile la moratoria che congeli l’abbandono dello scalo lombardo», ha detto l’assessore alla Viabilità, Mobilità e Trasporti della Provincia di Milano, Paolo Matteucci, replicando a Formigoni.
In ogni caso dal mondo dell’economia e della politica del nord arrivano segnali precisi destinati al prossimo esecutivo. Che, se non altro per una questione di scadenze, non potrà ignorare il nodo Alitalia-Malpensa. Ma anche al Parlamento.
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