Quel lessico cimiteriale che, come un refrain ossessivo, aveva finora scandito i ritmi della crisi è sparito. Nellultimo Bollettino, perfino la solitamente abbottonatissima Banca centrale europea parla di «punto di svolta della recessione», di una contrazione delleconomia che sta «chiaramente diminuendo», lasciando intravvedere «tassi di crescita trimestrali di segno positivo» già a partire dal prossimo anno.
È il linguaggio della speranza ritrovata. Lo stesso usato una decina di giorni fa da Barack Obama quando parlava di «inizio della fine» della crisi. È quello che piace alle Borse, pronte ieri ad accogliere lannuncio dellistituto guidato da Jean-Claude Trichet (nel tondo) con nuovi massimi dal novembre 2008 (+1,3% Milano) dopo aver già incassato mercoledì le rassicuranti valutazioni della Fed sulla «stabilizzazione» delleconomia Usa.
Uno dopo laltro, i segnali di ripresa stanno andando a impilarsi sulle ancora troppe zone critiche che nel 2009 lasceranno in eredità alleurozona un calo del Pil pari al 4,5% secondo il pool di previsori della Bce. La stima è stata rivista al rialzo rispetto a quella precedente (-3,4%), ma al tempo stesso lo staff di economisti ha ritoccato verso lalto lespansione per il 2010 dallo 0,2 allo 0,3%, mentre nel 2011 laumento sarà dell1,5%. Limprevedibilità di questultimo ciclo economico ha però messo spesso alle corde le attese degli esperti. Non è dunque da escludere una caduta meno drammatica nel 2009, soprattutto alla luce dellinaspettato ritorno alla crescita nel secondo trimestre di Germania e Francia (+0,3%) che ha «costretto» Eurostat a ribassare a -0,1%, contro il -0,5% atteso, la decrescita delleurozona tra aprile e giugno. In prospettiva, dellespansione tedesca e francese dovrebbe beneficiare lItalia, il cui Pil è sceso dello 0,5% nel secondo trimestre, considerata la vocazione allexport e la dipendenza verso lEuropa del nostro Paese.
Ogni previsione resta comunque sub iudice. Quale sarà, per esempio, limpatto sulleconomia una volta rimosse le misure di stimolo governative? La Bce raccomanda, a partire dal 2011, unintensificazione degli sforzi di risanamento dei conti pubblici, squilibrati appunto dalla manovre di sostegno. Ma come reagiranno i governi se la disoccupazione non sarà tornata su livelli sostenibili? Listituto di Francoforte mette in conto un tasso di senza lavoro questanno del 9,7%, seguito da un peggioramento nel 2010 al 10,9% e da una lieve discesa (10,6%) lanno dopo. Ciò rende stretti i margini di manovra, oltre a condizionare i consumi. Ma la fiacca domanda interna potrebbe essere alimentata da uninflazione ancora negativa temporaneamente e prossima «al 2% nel medio periodo».
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