Cristina la «pasionaria», eroina dei due mondi

Duecento anni fa nasceva la principessa di Belgiojoso: patriota, editrice, giornalista Combatté gli austriaci, fondò un falansterio e provò ad esportare la libertà in Turchia

Patriota, giornalista, viaggiatrice, benefattrice. O un'esaltata, malata di protagonismo? Le opinioni dei contemporanei su Cristina Trivulzio principessa di Belgiojoso, sono molto discordanti. Impossibile del resto che non lo fossero su un personaggio tanto singolare per la sua epoca. Oggi, a duecento anni dalla nascita nel solenne palazzo Trivulzio di piazza Sant'Alessandro, dove vide la luce il 28 giugno 1808, una giornata di studio al Museo di Storia contemporanea di Milano riaccende l'interesse su una figura tanto discussa al suo tempo quanto poi dimenticata, preludio a una mostra che aprirà a Locate Triulzi il 20 giugno. Tema dell'incontro, «La prima donna d'Italia. Cristina Trivulzio di Belgiojoso tra politica e giornalismo».
«La prima donna d'Italia» è la definizione che ne diede Carlo Cattaneo, riconoscendone i meriti risorgimentali. Meriti indiscutibili. Aveva quarant'anni ed era ancora molto attraente (una bellezza strana, esile, pallida, enormi occhi neri un po' spiritati) quando il 6 aprile 1848 arrivò nella Milano insorta contro gli austriaci alla testa di 200 volontari che si era portata da Napoli pagando il viaggio di tasca sua. Il conte Gabrio Casati, presidente del governo provvisorio, scrisse allarmato a un amico: «È arrivata la principessa Belgiojoso con una truppa di 150 avventurieri. Temo m'abbiano fatto un cattivo regalo». La primavera milanese durò pochi mesi e al rientro degli austriaci Cristina dovette fuggire, ma la ritroviamo un anno dopo alla Repubblica romana, presidente di un comitato di nobili signore per l'assistenza ai feriti. E lì, incaricata di organizzare gli ospedali, si prodigò fino allo stremo.
Questa è Cristina patriota. Ma la sua storia comincia con una ragazzina timida e testarda, figlia di Girolamo Trivulzio, che a sedici anni s’innamora del giovane principe Emilio Barbiano di Belgiojoso, bello, prodigo e sciupafemmine. I parenti sono contrari ma lei è irremovibile e si sposa in San Fedele il 24 settembre 1824.
Ci volle poco a confermare le previsioni della famiglia Trivulzio. Cristina resistette due anni ai tradimenti del marito e alla fine se ne andò, portandosi come amaro ricordo un contagio venereo e i debiti del Belgiojoso da pagare. Si avvicinò agli ambienti della cospirazione anti-austriaca e non tardò a suscitare i sospetti del capo della polizia Torresani che la mise sotto controllo finché lei non potendone più scappò in Francia. Sola e senza soldi perché il governo austriaco le aveva bloccato tutti i beni.
Si guadagnò da vivere per qualche tempo cucendo coccarde finché con l'aiuto della madre non le riuscì di riemergere per aprire a Parigi un salotto presto frequentato dall'intellighentia della capitale: lo storico François Mignet, il poeta tedesco Heinriche Heine, il compositore ungherese Franz Liszt, il poeta Alfred de Musset che ne lasciò un ritratto velenoso, ma pare solo perché da lei respinto. In dieci anni di vita parigina durante i quali le si attribuirono molti amanti, contribuì alla causa del risorgimento italiano con aiuti economici, interventi presso i potenti, scrivendo articoli e fondando giornali.
Nel 1837 scomparve per ricomparire un anno dopo con una figlia, Maria, di cui non è mai stata accertata la vera paternità. Nel 1840 tornò a Milano, assai malvista dalla nobiltà cittadina, tanto che disgustata decise di stabilirsi a Locate, feudo dei Trivulzio. A Locate nasce una nuova Cristina: la riformatrice sociale. Trasforma il castello in una sorta di “falansterio” alla Saint Simon, apre asili, scuole, mense.
La caduta della Repubblica Romana nel 1849 fu anche la caduta delle grandi speranze politiche di Cristina. Furente per il tradimento di Napoleone III, piantò l'Europa e si stabilì in una sperduta valle della Cappadocia dove fondò con alcuni esuli italiani una fattoria. E intanto si interessava della cultura orientale, della condizione femminile in Turchia. Fu una delle prime donne occidentali a visitare gli harem e ne scrisse diffusamente sulla Revue des Deux Mondes. L'aggressione di un dipendente che quasi la mandò all'altro mondo con una coltellata, pose fine all'avventura turca.


Gli ultimi anni li trascorse appartata fra Milano, Locate e il Lago di Como. Morì nel 1871. Aveva solo 63 anni ma era sempre stata malatissima. È sepolta nel cimitero di Locate in un sarcofago che porta gli stemmi dei Trivulzio e dei Belgiojoso.

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