da Podgorica
La bocca secca vedendo sfiorire lalbero dove il basket italiano si era riparato dalla grandine per tanto tempo, senza sapere veramente dove stava andando. Azzurra resta con i piedi nella Moraca fangosa e in piena. LEuropeo finisce in Montenegro contro la Croazia che costruisce la sua partita senza spaventarsi per la buona partenza italiana (13-8), prendendo il potere sotto rimbalzo, esaltando lanima naif di Kasun, un giovane talento che forse non è pronto per la Nba, ma che di sicuro in Europa farebbe la differenza, seguendo la strada tracciata da Vujcic al Maccabi, interpretando bene lo spartito di Neven Spahija, che ha saputo alternare un regista di struttura forte come Planinic al piccolo Popovic, luomo adatto per far venire pensieri a Pozzecco che ha cercato in tutti i modi di fare la partita sensazionale, arrivando però un po tardi, e ha finito la conferenza stampa in lacrime.
Non sappiamo se la stessa cosa capiterà a Carlo Recalcati che non ha più trovato i suoi duri e puri, che non ha utilizzato Mancinelli, sfruttando per un minuto, per fortuna, Gigli, perché nel gruppo migliorato tecnicamente con i nuovi innesti è venuta a mancare letà dellinnocenza che ci aveva fatto fare i miracoli agli Europei in Svezia e alle Olimpiadi. Qui, su questo fiume si ferma la barca dei sogni. Imbarca acqua difensivamente, perde tanti palloni (20, ma 12 allinizio), non riesce ad avere i ritmi giusti. Mai tutti insieme, questo il problema. Bravo Galanda in partenza, ma poi finisce con 1 su 5 da 3 punti, discreto Calabria nella parte dove siamo costretti ad inseguire, in pratica dal terzo minuto del secondo quarto siamo andati in bambola ed è stato quello il momento dellangoscia subendo un parziale di 12-0 che ci mandava 40-31 al riposo lungo.
Riscoprire Chiacig poteva aiutare a spaventare una Croazia che da Bagaric aveva rimbalzi, ma non punti, fino a quando il pivot si è bloccato per un problema muscolare allinizio dellultimo tempo. Sul 14° punto di Ghiaccione (54-55) abbiamo perso di nuovo lo spirito innocente del costruire una casa per tutti e il nuovo parziale di 10-0 ci ha messo fuori dal regno definitivamente in questo Europeo dove è andato a casa anche Boscia Tanjevic, rimontato dalla Germania. Si sentiva nellaria che questi sbalzi dumore, questa mancanza di allegria in una squadra invecchiata appena sentito il sapore della gloria, ci avrebbero portato in una gola senza via duscita.
Anche questa volta Recalcati dovrà litigare con chi, giustamente, gli chiederà perché Pozzecco non è rimasto in campo più di 19 minuti. Se fai un gruppo a immagine e somiglianza del più inimitabile dei giocolieri, anche se poi la difesa diventa di carta velina, devi andare fino in fondo. Ieri lacqua arrivava di traverso, ti riparavi la testa, si bagnavano i piedi. Mai in luce Basile, senza gambe per le entrate, poco preciso. Da Galanda ci aspettavamo di più, ma non è mai riuscito a far sentire la sua voce. Neppure Soragna, il collante, ha saputo essere qualcosa di più del grande gregarione e quando a 120 dalla fine eravamo tornati a 6 punti per unentrata di Pozzecco che aveva poi rubato a Popovic due palloni doro, ecco che il tiro da tre punti, con in campo specialisti come Basile e Calabria, andava al nuovo capitano della Benetton. Sembra la fotografia di un gruppo dove qualcosa si è rotto già nel momento della lunga costruzione. Il Marconato che prende tre rimbalzi in 17 minuti e segna un solo canestro è unaltra fotografia che diventa un negativo, per non parlare di Bulleri, completamente perso nel suo viaggio da grande violino di spalla a primo tenore, una cosa che lo ha affaticato mentalmente, facendogli finire malissimo il campionato e lEuropeo, che ci vede fuori dalle prime otto, lontani dal Mondiale in Giappone, a meno di miracolosi ripescaggi per meriti acquisiti, intossicati dal 24 per cento nel tiro da tre che abbiamo usato più dei croati, pure loro a questa percentuale, ma sicuramente molto più abili vicino al canestro.
Ciao Italia bella, i sogni se ne vanno via, speravamo nel cactus per trovare acqua nel deserto, abbiamo dovuto accontentarci soltanto di funghi velenosi spuntati dopo la grandinata.
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