Crollano le finanze di Mr Economia «Ha solo lasciato lo studio privato»

Crolla il reddito imponibile del ministro delle Finanze Giulio Tremonti che passa da 4,5 milioni di euro nel 2008 a soli 39mila nel 2009. Un impoverimento improvviso che va in netta controtendenza rispetto alle dichiarazioni dei redditi di altri ministri e parlamentari che devono il loro benessere alla, per alcuni forse anche immeritata fortuna, di essere eletti. Nel caso di Tremonti però non ci sono trucchi né inganni ma solo una scelta di vita. Il ministro infatti per svolgere il suo lavoro politico è stato obbligato a lasciare il ben avviato studio di commercialisti e avvocati tributaristi da lui fondato negli anni ’80 (Tremonti, Vitali, Romagnoli, Piccardi e associati) che, nel cuore di Milano, ha un folto gruppo di blasonati clienti. Il risultato è l’improvvisa discesa del reddito imponibile. In un anno insomma Tremonti ha ridotto i suoi incassi di oltre 4,3 milioni di euro. In realtà con 39mila euro non è il più povero dei ministri. Tremonti ha infatti incassato per la sua attività 176.897 euro, in linea con i suoi colleghi di governo, ma ha dovuto versare la quota previdenziale per quanto guadagnato nel 2007, quando non era ministro, alla sua cassa di categoria, quella degli avvocati, dato che è un avvocato tributarista.
Dal ministero dell’Economia si sono affrettati a fornire spiegazioni a riguardo, forse per evitare che qualcuno pensasse che Tremonti, a capo del Tesoro ossia della «cassa» dello Stato si fosse fatto un super «sconto» sulle tasse.
«Il ministro ha dovuto pagare - spiegano dal ministero - un conto assai salato alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense: dei circa 176mila euro e rotti guadagnati, 137.225 euro sono andati in contributo alla Cassa stessa. Una cifra corposa - spiegano dal Tesoro - perché non si tratta di un «fisso», ma di una quota che viene calcolata sui redditi dell’anno precedente».
Che nel caso in questione non erano certo poca cosa ma ben 4,5 milioni di euro. Ed è per questo che pagando i contributi pensionistici alla sua cassa di previdenza di competenza il reddito imponibile netto di Tremonti diventa quello di un impiegato o operaio con buona anzianità: 39.672 euro. Per il ministro non dobbiamo comunque chiedere un aumento dello stipendio in quanto il suo imponibile complessivo è comunque di 176.897 euro. Una cifra che lo porta nelle posizioni più alte della «classifica» dell’esecutivo superando, ad esempio, il collega agli Esteri, Franco Frattini (circa 149mila euro), Roberto Maroni che ne incassa 156mila, o Angelino Alfano che guadagna circa 149mila.
Gli esperti da noi interpellati ci assicurano che la situazione è del tutto regolare e che il ministro non si è fatto lo sconto. Anche il contribuente «comune» può dedurre dai redditi i contributi alla sua cassa previdenziale e anche quelli pagati per la colf o la badante. E le aliquote Irpef sono uguali per tutti. Forse, qualcuno insinua, è meno chiaro perché Giulio Tremonti lasci un lavoro così ben remunerato per un altro che, rispetto al primo, risulta sottopagato. Una scelta che però era già stata fatta in una precedente legislatura. Chi lo conosce bene spiega che «i soldi non lo interessano».

Anche perché in passato ha sempre guadagnato bene: i 4,5 milioni dell’anno scorso non sono un caso isolato. Nel 1995, ad esempio, Tremonti sfiorò i 5 miliardi di lire di reddito superando addirittura Silvio Berlusconi che ne aveva dichiarati tre.

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