Ieri un imprenditore di Barletta, la città che ha visto cinque donne morire in un laboratorio abusivo, sotto le macerie di un crollo, ci ha scritto una lettera che fa pensare.
«Un mese fa - scrive G.C - sono arrivati da me quelli dell’ispettorato del lavoro. Mi hanno frugato dappertutto. La mia azienda è fuori Barletta, ho otto dipendenti e sono nel settore manifatturiero. Alla fine della mattinata mi hanno fatto circa 4mila euro di multa perché la cintura di sicurezza del mio muletto, che c’era, non era conforme alle ultime norme europee. Io per fare quattromila euro di utili, quando va bene, e ora non va bene, ci impiego una settimana. Prima degli ispettori del lavoro erano arrivati quelli dell’Asl e ovviamente, ogni due anni, ho un verifica fiscale. E lì son guai: si chiudono nel mio unico ufficio in azienda, mi fanno comunque un verbale (in genere di rettifica dei ricavi) e io prendo la mia macchinetta e me ne vado a Bari a trattare (sarebbe meglio dire contrattare) il quantum con l’uomo del Fisco. Sono riusciti a rompermi le scatole perché in calce al mio sito internet non era indicata la partita Iva. E scopro (cosa che so benissimo) che a dieci chilometri da casa mia, questi avevano un opificio tutto in nero. Ma i controlli vengono sempre a farli da me? Gli stessi ispettori del lavoro, la stessa Usl, gli uomini del fisco, per quale diavolo di motivo fanno le pulci con regolarità alla mia aziendina e non si accorgono che in giro è un disastro? Mi viene da piangere per quelle povere donne che sono morte in città. Ma mi creda mi viene da piangere quando quattro dipendenti pubblici vengono in azienda da me con l’unico scopo di fare cassa». Sentite cosa ci scrive S.M. da Milano. «Siamo una pmi con circa 35 collaboratori e le energie e il tempo spesi in adempimenti complicati, talvolta anche contrastanti tra loro, al solo fine di accontentare questo o quell’ufficio della pubblica amministrazione, sono infiniti. Black list, Sistri, tracciabilità delle fatture oltre tremila euro (per noi tutte), rinnovo del Cpi (Certificato prevenzione incendi), la trasmissione telematica all’agenzia delle dogane anche per la produzione del nostro impianto fotovoltaico (chissà poi cosa c’entra anche l’Agenzia delle Dogane, essendoci già l’obbligo della dichiarazione mensile alla Gse?) etc. Queste sono solo alcune delle novità degli ultimi mesi... L’aspetto ancora più drammatico è che ogni mese le incombenze amministrative/burocratiche, invece di diminuire, aumentano. Sì, Tremonti è riuscito in un’impresa che i più ritenevano impossibile: peggiorare ed aggravare una situazione che sembrava aver già raggiunto un livello di inefficienza insuperabile. E qualcuno si chiede ancora perché il Paese non cresce e gli imprenditori cercano opportunità di investimento oltre confine... Ma in quale altro Paese per riscuotere una somma ingiustamente pretesa dal Fisco bisogna presentarsi con il cosiddetto certificato di vigenza? Esso, esattamente come la normale visura camerale, attesta semplicemente che l’azienda tuttora «vige», cioè esiste. La differenza è che la visura camerale standard costa «solo» cinque Euro e può essere acquistata online. Il certificato di vigenza invece costa quarantotto euro e bisogna per forza andare di persona a fare la coda allo sportello della Cciaa».
Due testimonianze, ma ne potremmo pubblicare cento. La politica ha la gigantesca presunzione di risolvere i problemi per legge. Scrive le norme più belle del mondo, con il piccolo difetto di essere semplicemente inapplicabili o costosissime. Il sottofondo è quello di una gigantesca macchina statale che non si fida delle imprese e degli imprenditori, che considera, pur non ammettendolo, il profitto come un furto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.