Cronaca giudiziaria

"Il cane mi ha mangiato il telefono". Così la guidice voleva depistare le indagini

Una condotta spregiudicata e sfrontata emerge dalle intercettazioni su Giorgia Castriota, il gip di Latina arrestato con tre collaboratori

Giorgia Castriota
Giorgia Castriota

Emergono nuovi e incredibili dettagli sulla vicenda della giudice Giorgia Castriota, gip del tribunale di Latina, arrestata insieme a due collaboratori, di cui uno è il compagno, nell'ambito di procedure di amministrazione giudiziaria, con l'accusa a vario titolo di corruzione per atti contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. L'ordinanza di arresto è arrivata tre giorni fa e per tentare di occultare le prove che potrebbero ulteriormente aggravare la sua posizione avrebbe tentato di usare la scusa tipica degli studenti trovati impreparati dagli insegnanti, sostenendo che il suo cane Riccardo le aveva "mangiato il telefono". Così raccontava a una conoscente per costruirsi un alibi nel caso in cui le fossero state chieste spiegazioni.

Una sconfinata sicurezza da parte del gip, che l'avrebbe portata anche a dichiarazioni del tipo: "Ancora deve venire chi mi si fotte". Una sfrontatezza manifesta, che sarebbe alla base della rete costruita dalla 45enne, che forte del suo ruolo avrebbe nominato amici e conoscenti per le procedure di amministrazione giudiziaria dietro lauto compenso fatto di mazzette. Castriota, infatti, appare come una donna che brama uno stile di vita esagerato, nel quale amava concedersi dei "vizi" come li chiamava lei stessa. Tra questi, per esempio, un costoso orologio Rolex da oltre 6mila euro, una vacanza a New York che ne è costati oltre 3mila, l'abbonamento in tribuna d'onore allo stadio Olimpico di Roma che ha un valore di più di 4mila euro.

La collega di Giorgia Castriota, ossia il gip Natalia Giubilei alla quale è stato affidato questo caso, ha rilevato nell'ordinanza d'arresto che questo sistema illegale è stato costruito perché l'indagata "si ostina a voler vivere al di sopra delle proprie possibilità economiche". Quel che colpisce di questa storia è la disinvoltura con la quale Castriota operava in questo contesto insieme al suo compagno, anche lui in arresto, Silvano Ferraro. Gli inquirenti hanno seguito e intercettato a lungo la coppia, rilevando come i due tramassero soluzioni per inquinare le prove: distruggevano i contenuti dei loro smartphone, tablet e pc, si disfacevano dei beni di lusso e cercavano anche di condizionare eventuali testimoni che avrebbero potuto far emergere i loro traffici.

In questo contesto, per esempio, si inserisce la decisione della coppia, come riferisce il Messaggero, di dare in permuta uno dei loro pc portatili in uno dei negozi di un centro commerciale nella periferia di Roma. Ma Ferraro dalle intercettazioni sembra preoccupato di essere registrato dalle telecamere di videosorveglianza, nel caso di una eventuale indagine. "Ma mica le tengono per 20 anni.

Generalmente 3 settimane", l'ha rassicurato Castriota, che ben conosce questo tipo di dinamiche.

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