Casarini e soci alla sbarra. "Pagati per il trasbordo di migranti"

Al via la prima udienza del processo con la pesante accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” e l’aggravante dello “scopo di lucro"

Casarini e soci alla sbarra. "Pagati per il trasbordo di migranti"
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Casarini e soci alla sbarra, per la prima udienza del processo con la pesante accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” e l’aggravante dello “scopo di lucro”. Subito parte il ribaltamento della realtà con l’appoggio dei giannizzeri della Cgil presenti in aula. Gli attivisti di Mediterranea proclamano sul loro sito che trasformeranno “una assurda accusa contro il soccorso in mare e la solidarietà, in un processo contro chi in mare fa invece morire donne, uomini e bambini in stragi come quella di Cutro o in omissioni di soccorso che provocano sofferenza e morte”. Neanche tanto velato il solito attacco a testa bassa al governo Meloni per una tragedia avvenuta anni dopo il trasbordo dei migranti che secondo l’accusa ha fruttato 125mila euro a Casarini e soci.

Il processo del tribunale di Ragusa vede come imputati Luca Casarini, pluri pregiudicato per violenze di piazza, oggi apparentemente convertito sulla via di San Pietro ad attivista umanitario. Al suo fianco Alessandro Metz, legale rappresentante della Idra Social Shipping, società armatrice di Mare Jonio, il vecchio rimorchiatore di Mediterranea, Giuseppe Caccia, capo spedizione, Fabrizio Gatti, soccorritore, Pietro Marrone, comandante del rimorchiatore nel 2020 ed il medico Agnese Colpani. Cinque anni fa Mare Jonio, pur avendo dichiarato il contrario, si dirigeva verso la petroliera danese Maersk Etienne al largo delle isole maltesi. La nave aveva soccorso 27 migranti partiti dalla Libia e da 38 giorni i maltesi facevano orecchie da mercante rifiutando lo sbarco. Il 13 settembre 2020 arrivano in “soccorso” Casarini e soci, che sono andati a prendersi i migranti sotto bordo per portarli in Italia, paese che non centrava nulla.

Sul sito di Mediterranea si spiega candidamente: “Le autorità maltesi, che pure avevano coordinato il soccorso, si rifiutarono di assegnare un porto sicuro per lo sbarco e il governo danese non mosse un dito per risolvere la situazione”. Non si capisce perché fossero buoni motivi per sbarcarli da noi, a Pozzallo, in provincia di Ragusa. Sul sito di Mediterranea, in preparazione del ribaltamento della realtà processuale, si legge che “a distanza di tre mesi dai fatti la compagnia armatoriale della nave, Maersk Tankers, ha fatto una trasparente donazione a favore del soccorso civile in mare”. La procura di Ragusa, grazie alle indagini e alle intercettazioni, accusa Casarini e soci di avere incassato i 125mila euro per sgravare da altri giorni di costoso stop la petroliera andando a prendere i migranti a bordo.

Fin dalla prima udienza di ieri la linea è quella del “processo ai soccorsi”. La solita solfa degli imputati di Mare Jonio, con l’ex disobbediente Luca Casarini in testa, che attraverso i legali sventolano, di nuovo, la tesi dell’udienza preliminare sull’inutilizzabilità delle intercettazioni. La difesa sostiene di conoscerne solo una sintesi e torna alla carica sulle “violazioni molto gravi” per la presenza di “intercettazioni con parlamentari, avvocati” e ministri di culto. Secondo i difensori, i capi di imputazione sono generici e non sarebbe stato dimostrato il singolo coinvolgimento di ciascun imputato nel favoreggiamento dell’ingresso illecito dei migranti in territorio italiano. Cortina fumogena che si aggiunge al vittimismo della “macchina del fango” scatenata contro gli angioletti umanitari, che si credono sempre al di sopra della legge.

La difesa ha anche chiesto la nullità della costituzione di parte civile del Ministero dell’Interno che, a suo dire, sarebbe avvenuta in modo tardivo a firma del Sottosegretario Mantovano. Il pubblico ministero ha richiesto un termine per poter esaminare le eccezioni presentate. Il Tribunale, presieduto da Elio Manenti con giudici a latere Giovanni La Terra e Francesca Aprile, ha aggiornato l’udienza al 13 gennaio. In quella data, si attende la replica dell’accusa e la decisione del Collegio sulle eccezioni sollevate dalla difesa. In aula si sono presentati don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, e i giannizzeri della Cgil locale e nazionale, Alfio Mannino, Giuseppe Roccuzzo e Peppe Scifo. Il sindacato e altre associazioni si mobilitano “per manifestare e testimoniare vicinanza e solidarietà all’equipaggio” sotto processo.

Un’altra mossa del ribaltamento della realtà che per la Cgil “conferma il pieno sostegno all'azione delle Ong impegnate nei salvataggi e ancora una volta ribadisce la contrarietà alla linea politica del governo che criminalizza chi salva le vite in mare".

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