Caso Toti, clamoroso: spunta un altro errore nei verbali d'inchiesta

La denuncia di Angelo Arturo Testa, indagato per corruzione elettorale aggravata dall'ipotesi mafiosa: "Il 'bar' trascritto come 'barca'"

Caso Toti, clamoroso: spunta un altro errore nei verbali d'inchiesta
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E se non fosse successo solo con Roberto Spinelli, figlio di Aldo, entrambi indagati insieme a Giovanni Toti dalla procura di Genova? E se non fosse accaduto solo con la trascrizione del verbale di interrogatorio in cui magicamente la parola “leciti” si è trasformata in “illeciti”? Il timore di alcuni è che nelle 9mila pagine di indagine sulla Liguria, a cui si aggiungono i relativi documenti sugli interrogatori, si possano nascondere chissà quanti refusi. Una paura ora corroborata da una nuova clamorosa svista scoperta da Quarta Repubblica.

Il protagonista stavolta è Arturo Angelo Testa, indagato insieme al fratello nel filone che riguarda presunti rapporti con un clan siciliano, vicenda che ha permesso di contestare l’aggravante mafiosa e dunque di tirare così a lungo l’intera indagine. Testa di fronte ai pm ha negato ogni addebito sia per quanto riguarda la corruzione elettorale (è accusato di aver fornito voti ai candidati totiani alle regionali del 2020 in cambio di posti di lavoro, mai arrivati), sia per quanto riguarda l’aver agevolato il clan Cammarata del Mandamento di Riesi. Intervistato dall’inviato di Nicola Porro, ribadisce la sua estraneità ai fatti. “Non ho mai avuto rapporti con i mafiosi e non sono mai entrato in Tribunale prima di ora - spiega - I voti (alla lista Toti, ndr) glieli abbiamo portati ma non abbiamo mai chiesto posti di lavoro e nessuno ce li ha promessi. Il problema è che Cozzani, il capo segreteria di Toti, disse a mio fratello che dal porto arrivavano sempre richieste e noi gli dicevamo che in caso il curriculum di qualche resino disoccupato glielo potevamo dare”. Il punto è che dopo le elezioni “nessuno ha ottenuto un posto di lavoro”. Dove sarebbe la corruzione elettorale?

Angelo Arturo Testa

I riesini sono una comunità di Riesi, molto nutrita, che vive a Genova. Testa tra le altre cose è anche il fondatore di una associazione “Amici di Riesi” che tiene i contatti con le radici della comunità. Secondo la procura, a gestire il rapporto con il clan dei Cammarata sarebbe Venanzio Maurici che avrebbe chiesto un posto di lavoro per un parente. “Io lo conosco come conosco tanti resini che risiedono in tutte le parti del mondo”, dice Testa, “Non ho mai avuto la percezione che si trattasse di un mafioso. E mai nessuno mi ha detto che potesse essere in odore di mafia”.

Sin qui, tutto noto. O quasi. Arturo Angelo Testa lo aveva già spiegato ai magistrati genovesi. Il problema è che nel verbale di interrogatorio, anche nel suo, sarebbero comparsi due errori di trascrizione mica da niente. “Sono errori che possono portare a interpretare in modo diverso i fatti - spiega Stefano Vivi, legale di Testa - Il primo è quando Testa dà conto del suo contatto con Cozzani, lui riferisce di averlo incontrato al bar ma viene trascritto come ‘barca’”. E la differenza può essere enorme, soprattutto se si considera quanto questa inchiesta ruoti attorno allo yacht di Aldo Spinelli. Secondo: “Quando si parla del cambio di alloggio che sarebbe stato chiesto sulle case popolari di Genova, la motivazione viene trascritta come ‘c’erano troppi militari’ mentre Arturo Testa ha detto che c’era troppa ‘umidità’”.

E visto che qui si contesta l’aggravante mafiosa, ipotizzare che qualcuno voglia cambiare casa per l’eccessiva presenza di militari “magari qualcuno può pensare che voglia cambiare casa perché ci sono i carabinieri” nello stesso palazzo. Invece era banale “umidità”.

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