Ciro Grillo e due suoi amici condannati a otto anni per stupro di gruppo. Sei anni al quarto imputato

Una sentenza rapida mette termine a un processo che sembrava non dovesse finire mai

Ciro Grillo e due suoi amici condannati a otto anni per stupro di gruppo. Sei anni al quarto imputato
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Una sentenza rapida mette termine a un processo che sembrava non dovesse finire mai. Basta una breve camera di consiglio al tribunale di Tempio Pausania per condannare i quattro giovani della Genova bene accusati di stupro di gruppo ai danni di due studentesse milanesi. A otto anni di distanza dalla notte in cui i quattro, tra cui Ciro Grillo, figlio di Beppe, invitarono le due ragazze nella villa del comico-politico in Costa Smeralda, i giudici presieduti da Marco Contu stabiliscono che quanto accadde dopo - i rapporti sessuali a ripetizione con S., una delle due, e gli atti osceni contro l'altra ragazza - non furono una libera notte di sesso tra consenziente ma a tutti gli effetti una violenza carnale. Otto anni di carcere vengono inflitti a Grillo junior, Vittorio Capitta e Edoardo Lauria; 6 anni e mezzo a Francesco Corsiglia. Il racconto di S., che dice di essere stata ubriacata e ridotta in balia del quartetto, è stato creduto.

Testo sentenza Grillo jr

La versione dei quattro, che hanno ripetutamente descritto S. come allegra, attiva e lucida, per i giudici è smentito senza ombra di dubbio da quanto emerso nel corso del processo. Per il tribunale (anche se per capire esattamente il ragionamento dei magistrati si dovranno aspettare le motivazioni) S. non era sufficientemente lucida per scegliere liberamente di andare a letto con i quattro. E proprio su questo punto la lettura delle motivazioni sarà importante, per capire come i giudici abbiano smontato uno degli argomenti su cui le difese puntavano maggiormente: il comportamento tenuto da S. nelle ore successive, quando secondo i quattro e secondo alcune testimonianze (ma altre dicevano il contrario) non avrebbe mostrato i segni dello choc che ci si attenderebbe da una vittima di lunghe brutalità.

È una sentenza destinata a fare discutere perché il processo celebrato a Tempio Pausania ha avuto un risalto mediatico ben maggiore di qualunque altro processo per stupro: in buona parte causato dal coinvolgimento del figlio di Grillo, ma poi amplificato strada facendo dalla inverosimile durata delle udienze, protrattesi per oltre sei anni, e per il riproporsi nell'aula del tribunale sarda di dinamiche esemplari delle vicende di questo tipo: compresi gli interrogatori incalzanti dei difensori degli imputati a S., quando è stato il suo turno di essere interrogata in aula, ed è stata incalzata da migliaia di domande alla ricerca di contraddizioni. Giulia Bongiorno, che ha assistito la ragazza come difensore di parte civile, ha cercato spesso di opporsi a questo martellamento. Ed evidentemente secondo il tribunale le contraddizioni di S. non sono state tali da indebolire la credibilità complessiva della sua versione.

E un ruolo importante potrebbe averlo svolto anche il racconto dell'amica, che dice di avere raccolto immediatamente lo sfogo di S. scioccata e traumatizzata. Né le due ragazze né i quattro imputati erano presenti al momento della sentenza.

"Ma la mia assistita è come se fosse presente", aveva detto la Bongiorno prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, spiegando che la ragazza non era venuta fisicamente solo per il timore dell'attacco dei fotografi. Ora, dopo le motivazioni, l'ovvio ricorso in appello dei quattro imputati, che anche ieri in apertura dell'ultima udienza erano - attraverso i loro difensori - tornati a protestare con forza la loro innocenza.

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