Naufragio di Cutro, indagati sei della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera: "Si poteva evitare la tragedia"

Gli indagati dalla procura di Crotone sono quattro militari della Guardia di finanza e due della Guardia costiera: ci sarebbero stati errori nelle comunicazioni

Naufragio di Cutro, indagati sei della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera: "Si poteva evitare la tragedia"
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A 17 mesi dal naufragio di Cutro, che è costato la vita a 98 persone, la procura di Crotone ha chiuso le indagini e indagato 6 persone tra gli uomini della Guardia di finanza e della Guardia costiera che quella notte di febbraio si trovavano in servizio in Calabria. Secondo l'interpretazione del pubblico ministero Pasquale Festa e il procuratore Giuseppe Capoccia la tragedia si sarebbe potuta evitare se si fosse agito in modo diverso. Diversamente rispetto alle prime battute dell'indagine, riferisce il Corriere della sera, gli indagati tra le Fiamme gialle sono quattro e non tre e, invece, sono passati a due (da tre) gli indagati della Guardia costiera.

La ratio dietro la decisione di procedere contro i due corpi che quella notte si sono occupati dell'imbarcazione verrà rivelata solo dopo la notifica degli atti, probabilmente nelle prossime ore. Per un anno e mezzo la procura ha indagato su tutto quello che è stato fatto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio del 2023, analizzando la catena di comando e le comunicazioni intercorse. Nel ragionamento effettuato dalla procura, i quattro agenti della Guardia di finanza avrebbero sbagliato la valutazione del rischio e le modalità di azione a seguito della segnalazione della presenza del caicco a 40 miglia dalle coste calabresi. La barca pare procedesse senza difficoltà in direzione delle coste italiane, tanto che l'incidente è avvenuto a poche decine di metri dalla costa di Cutro, dopo lo scontro con uno scoglio. In conseguenza dell'errore iniziale, la Guardia di finanza avrebbe pertanto sbagliato la comunicazione con la Guardia costiera.

Infatti, i due militari del corpo della Marina militare sono indagati per non aver agito. Infatti, benché indotti in errore dalle comunicazioni della Guardia di finanza, a loro viene imputato di non essersi adeguatamente informati sulle condizioni della barca per far scattare un eventuale intervento Sar prima che il caicco andasse a sbattere contro lo scoglio sotto costa. In base alle comunicazioni ricevute, ritennero adeguato un intervento della Guardia di finanza nell'ambito di un'operazione di polizia. Invece, secondo la procura, doveva parire un'operazione di ricerca e soccorso.

Il capoturno della sala operativa della Guardia di finanza di Vibo Valentia ha comunicato via radio che "un nostro mezzo in pattugliamento sta aspettando il target a due-tre miglia dalla costa". Invece, quel mezzo era sulla via del ritorno in porto per il rifornimento. In mare c'erano i pescatori, che vedendo arrivare il caicco utilizzarono le loro torce per indicare alla barca la presenza delle loro lenze. Tuttavia, lo scafista scambiò quelli per segnali delle forze dell'ordine e mise in atto una manovra pericolosa per tentare fuga, ma portò la barca a schiantarsi sugli scogli. Sul caso sono arrivate anche le parole di Matteo Salvini, che dissente con la decisione della procura: "Non solo rischiano ogni giorno la loro vita per salvare il prossimo, ma corrono addirittura il rischio di essere arrestati in caso di disgrazia.

Il mio incondizionato sostegno ed il mio abbraccio a donne e uomini della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, così come a Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia di Stato e Locale ed ogni altra forza armata e dell'ordine",

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