Cronaca giudiziaria

Omicidio Laura Ziliani: il "trio" capace di intendere, nessun leader

La vigilessa di Temù fu uccisa l’8 maggio 2021, il suo cadavere venne ritrovato 3 mesi dopo. I tre imputati - Mirto Milani, Silvia e Paola Zani - sono stati ritenuti capaci di intendere e di volere

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Una consulenza attesa che rafforza le ipotesi raccolte dagli inquirenti finora. I tre imputati nell’omicidio di Laura Ziliani, la vigilessa di Temù (Brescia) uccisa l’8 maggio 2021, il cui cadavere fu ritrovato tre mesi più tardi, sono stati ritenuti capaci di intendere e di volere. Non solo: stando al parere del perito nessuno di loro avrebbe avuto un ruolo da leader nel gruppo. Ciò significa che è molto probabile che la eventuale condanna degli imputati sarà simile.

Questa mattina davanti alla corte d’assise di Brescia è intervenuto il perito Giacomo Francesco Filippini, che si è espresso in merito ai tre rei confessi: il genero della vigilessa Mirto Milani, le figlie Silvia e Paola Zani, tra i quali gli inquirenti ipotizzano una presunta relazione sessuale oltre che un patto omicida.

Alla presenza dei tre imputati, Filippini, come riporta la Gazzetta delle Valli, ha analizzato il loro menage con Ziliani, soprattutto in base a quanto sostenuto dal “trio”: Milani e le sorelle Zani hanno infatti sostenuto che la vigilessa di Temù avrebbe cercato di ucciderle, e l’idea di sedarla e soffocarla sia giunta, dopo alcune prove, a difesa della propria vita. “La mia lettura è che si tratti di appartenenza al gruppo - ha spiegato Filippini -. La loro situazione era molto dinamica tra loro e diverse sono le letture, posizioni fluide e chi non la pensava in quel modo rischiava di trovarsi solo”.

Il perito ha anche parlato di "freddezza nel mettere in atto la loro azione” e di “un’immaturità comune che unisce i tre, Silvia, Paola e Mirto. Era un gruppo chiuso, ma guardano al mondo esterno. La loro affettività a tre sembra uno scimmiottare, è un gioco macabro e mettere in pratica qualcosa di grottesco che possa funzionare”. La conclusione è che “i tre imputati hanno avuto un grande impegno, si rendevano conto di quanto facevano ma avevano sovrastimato le loro capacità”.

Nelle passate udienze era emerso come la coesione del “trio” fosse venuta meno. Silvia Zani, in particolare, cercando di sollevare la sorella dalle sue responsabilità, lo scorso aprile aveva sostenuto in aula che "la maggior parte dei piani venivano studiati da Mirto, me li sottoponeva e io assieme a lui li revisionavo”.

Milani invece, affermando di aver agito per il bene delle sorelle Zani, aveva parlato di una sudditanza psicologica di cui era molto difficile liberarsi:“Abbiamo avuto tutti dei ripensamenti, ma era una ruota infernale in cui quando uno si tirava fuori, gli altri lo ritiravano dentro, in maniere diverse, il trio si autoalimentava”.

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