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Sparò al ladro, Mattarella non concede la grazia al macellaio condannato

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha concesso la grazia al macellaio che nel 2013 sparò a un ladro all'interno della sua abitazione

Sparò al ladro, Mattarella non concede la grazia al macellaio condannato
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Walter Onichini alcuni anni fa è stato protagonista di una storia di cronaca, in quanto sparò a un ladro che si era introdotto all'interno della sua abitazione. Macellaio molto conosciuto a Legnaro, in provincia di Padova, nel 2021 è stato condannato in via definitiva a quattro anni di carcere, che attualmente sta scontando agli arresti domiciliari. Era stata chiesta la grazia al presidente Sergio Mattarella ma la sua domanda è stata rifiutata.

Onichini ha scontato 19 mesi di reclusione ma dallo scorso gennaio è potuto tornare alla sua abitazione per stare vicino alla famiglia e il tribunale gli ha concesso l'affidamento in prova ai servizi sociali, che il macellaio sta svolgendo tra volontariato e un'attività di macelleria. Infatti, il tribunale gli ha permesso di tornare a lavorare ma non ancora da uomo libero. Il regime a cui è sottoposto prevede che dalle 22 alle 6 del mattino l'uomo debba rimanere all'interno del suo appartamento. In ogni caso, il macellaio non può uscire dai confini della sua Regione.

La domanda di grazia per Onichini è stata presentata a gennaio del 2021 attraverso l'avvocato Ernesto De Toni al magistrato di sorveglianza. Sia Lega che Fratelli d'Italia erano intervenuti sul caso, chiedendo che il presidente della Repubblica intervenisse a favore del macellaio. Ad agosto del 2022 la domanda è stata inoltrata al ministero della Giustizia ma in questi giorni, a un anno da questo ultimo atto, è arrivata la doccia fredda per Onichini e per la sua famiglia.

L'uomo al quale il macellaio ha sparato è un pregiudicato albanese che è stato condannato a 3 anni e 8 mesi per l'intrusione. Infatti, nonostante le ferite, è riuscito a salvarsi. Ma non ha mai scontato la sua condanna in quanto risultato irreperibile. "Rimane l'amarezza per la palese diseguaglianza di trattamento per due persone che avevano entrambe commesso dei reati per i quali sono stati condannati, ma una, fino ad allora incensurata, dopo 9 anni dai fatti, è finita in carcere 48 ore dopo che la sentenza era diventata definitiva e vi è rimasta per 16 mesi", ha detto l'avvocato De Toni.

Un trattamento completamente diverso rispetto all'albanese, persona "pluripregiudicata, irregolare ed espulsa dal territorio italiano, con una pena di 3 anni e otto mesi di reclusione, passata in giudicato da settimane, non ha mai fatto un giorno di carcere".

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