La scia di sangue e la caccia col medium: il mistero di Albert DeSalvo, lo strangolatore di Boston

Ribattezzato dai media “lo strangolatore di Boston”, Albert DeSalvo ha ucciso tredici donne tra il 1962 e il 1964

La scia di sangue e la caccia col medium: il mistero di Albert DeSalvo, lo strangolatore di Boston

Dal giugno 1962 al gennaio 1964 tredici donne di età compresa tra i 19 e gli 85 anni furono uccise nell'area di Boston. Tutti delitti con modus operandi simile: le vittime furono stuprate - a volte con oggetti - e i loro corpi esposti nudi, come per un'istantanea pornografica. Una città terrorizzata, donne spaventate, il sangue che scorre. Quello di Albert DeSalvo è stato un caso di serial killer molto famoso nella storia americana, ancora al centro dell’attenzione mediatica fino a pochi anni fa.

Il motivo? I dubbi circa la sua reale colpevolezza da parte di molti esperti. E c’è un dettaglio da non sottovalutare: già all’ergastolo per una serie di violenze sessuali, non è mai stato condannato per i tredici omicidi confessati anche a causa dell'assenza di prove concrete. Tra indagini private e inchieste riaperte, non sono mancati i colpi di scena in una delle storie più macabre della storia statunitense.

L'infanzia travagliata

Albert DeSalvo nasce il 3 settembre del 1931 a Chelsea, nel Massachussetts, da madre irlandese e padre immigrato italiano. Quella del futuro “Boston Strangler” è un’infanzia segnata da violenze e abusi: maltrattato, esposto alla condotta più deviante, con idee distorte sin dalla prima infanzia. Il padre alcolizzato porta a casa prostitute e ci fa sesso davanti ai figli. Un uomo brutale, inumano, violento: tanto da fare saltare tutti i denti alla moglie e a spezzarle diverse dita nel corso di una lite accesa.

Albert impara a rubare nei negozi all’età di sei anni, è già in quella fase a manifestare i primi segnali di estrema crudeltà nei confronti degli animali. A dodici anni il primo arresto per furto con scasso, poi un periodo da ragazzo delle consegne e nuovamente il riformatorio, questa volta per il furto di una macchina. DeSalvo entra allora nell’esercito, ma non va meglio: congedato e reintegrato, rischia di finire a processo dalla corte marziale per aver molestato una bimba di nove anni. Il giovane riesce a farla franca, con tanto di congedo con onore.

"Measuring man" e "Green man"

Lasciato l’esercito, Albert DeSalvo inizia a molestare sempre più donne. Per non incontrare resistenza, si presenta alle giovani come un talent scout di un’agenzia alla ricerca di nuove modelle. Prende così le misure e allunga le mani. Le segnalazioni iniziano a moltiplicarsi e viene indicato come “Measuring man”. Nel marzo del 1960, complice anche un furto, viene identificato e arrestato: condannato a un anno e mezzo di carcere, viene rilasciato dopo 11 mesi per buona condotta.

Tornato in libertà, una nuova follia criminale in Massachusetts, Connecticut, Rhode Island e New Hampshire. Vestito sempre di verde e per questo ribattezzato “Green man”, Albert DeSalvo fa irruzione in oltre 400 case e aggredisce sessualmente oltre 300 donne. Ma non è tutto, anzi: il livello di violenza si alza esponenzialmente.

Le prime esecuzioni truculente

Gli abusi sessuali non bastano più, Albert DeSalvo decide di alzare l’asticella della violenza. Il 14 giugno del 1962 il primo omicidio: vittima la sarta Anna Slesers. La cinquantacinquenne viene assassinata al 77 di Gainsborough Street: il suo cadavere viene scoperto in bagno, con una corda intorno al collo legata a fiocco. Ciò che diventerà la sua firma da serial killer. Il figlio della donna, Juris, pensa subito a un suicidio, ma gli investigatori scoprono un’altra verità: la violenza sessuale. L’appartamento è sottosopra, ma è difficile credere a un furto finito male: un orologio d’oro e altri gioielli non sono stati toccati. il primo atto di una serie di crimini senza eguali.

Poco meno di tre settimane dopo, il 14 giugno 1962, Albert DeSalvo uccide l'ottantacinquenne Mary Mullen. Due giorni più tardi, viene scoperto il cadavere della sessantottenne Nina Nichols nella sua casa nel quartiere di Brighton: anche lei senza vestiti, con le gambe spalancate e con le calze legate a fiocco. Anche in questi due episodi, gli investigatori valutano il furto con scasso, ma pure qui i preziosi non vengono saccheggiati. Lo stesso giorno, poche migliaia più a nord, nel sobborgo di Lynn, viene scoperto un altro corpo: quello della 65enne Helen Blake. il suo omicidio è il più raccapricciante, con lesioni profonde e abusi sessuali violenti. La firma è sempre la stessa: un fiocco con un reggiseno. Albert DeSalvo ancora in azione.

Boston in preda al panico

Nell’estate del 1962 la città di Boston è scossa da una serie senza precedenti di efferati omicidi e l’eco dei crimini è enorme: gli omicidi perversi e a sfondo sessuale sono sulle prime pagine dei quotidiani e la fascinazione dei media alimenta il clima di paura. La città è semplicemente in preda all’isteria. I tre cadaveri scoperti tra 28 e 30 giugno 1962 spingono la polizia a mettere in guardia la popolazione femminile. Il primo pensiero va a uno psicopatico che odia le donne anziane, forse a causa di un cattivo rapporto con la madre. Albert DeSalvo non entra mai nei radar degli investigatori, impegnati su altri profili e su altre strade.

Il 19 agosto 1962 lo strangolatore di Boston torna a colpire, questa volta al 7 Grove Garden, nel West End. Vittima la vedova settantacinquenne Ida Arga: strangolata e denudata, gambe divaricate. Anche in questo caso nessun segno di effrazione. Meno di ventiquattro ore dopo è la volta di Jane Sullivan, infermiera di 65 anni strangolata con le sue stesse calze di nylon.

Albert DeSalvo ferma la sua azione per qualche mese, ma la città è sconvolta: le donne si armano di coltelli e pistole per difendersi, il terrore si diffonde in ogni via, in ogni casa. Quando torna a colpire, lo strangolatore cambia strategia: il 5 dicembre 1962 uccide la ventunenne Sophie Clarke, studentessa afroamericana. Il cadavere della giovane viene ritrovato nudo, con evidenti segni di violenza sessuale. E c’è di più: per la prima volta gli investigatori trovano delle tracce ematiche.

Passano tre settimane e Albert DeSalvo colpisce ancora: strangola e stupra la ventitreenne Patricia Bissette. E ancora: il 6 marzo uccide la sessantottenne Mary Brown, il 6 maggio la ventitreenne Beverly Samans, l’8 settembre cinquantottenne Elevyn Corbin e il 25 novembre la designer ventiquattrenne Joann Graff. Particolarmente crudele l’assassinio della Samans, finita con ventidue coltellate.

L’ultimo omicidio firmato da Albert DeSalvo è datato 4 gennaio 1964 ed è tra i più raccapriccianti: l’uomo strangola con una calza e violenta, anche con un manico di scopa, la diciannovenne Mary Sullivan nella sua abitazione in 44-A Charles Street. La giovane viene lasciata seduta sul letto con la schiena contro la testiera e un biglietto di auguri di buon anno tra i piedi.

L'arresto, la confessione, la morte

La polizia è disperata, tanto da chiedere la consulenza anche di un chiaroveggente. 2600 poliziotti di tre contee al lavoro per risolvere il caso, ma non vengono trovati indizi. Albert DeSalvo continua a non finire nell’elenco dei sospettati, ma in carcere ci finisce lo stesso. Nell’ottobre del 1964 si introduce nell’appartamento di una giovane a East Cambridge fingendosi un poliziotto: la lega al letto, la stupra e se ne va chiedendo scusa. La vittima riesce a identificarlo, innescando una pioggia di riconoscimenti da parte delle altre vittime di molestie. Viene dunque identificato e catturato il 3 novembre.

Compagno di stanza dell’assassino psicopatico George Nassar al Bridgewater State Hospital, Albert DeSalvo decide di mettersi in contatto con l’avvocato Francis Lee Bailey: solo in quel momento confessa i tredici omicidi, raccontando particolari e dettagli delle esecuzioni. Nel marzo del 1965 il legale scende in campo e si dice pronto a offrire il responsabile della scia di delitti su un piatto d’argento. Ma a una condizione: la sua confessione non può essere utilizzata contro di lui in tribunale. Albert DeSalvo viene sentito dagli investigatori, i quali non hanno dubbi: la confessione è inconfutabile, conosce cose che solo il killer avrebbe potuto sapere. Ma il caso non verrà mai giudicato in tribunale.

Ma Albert DeSalvo è davvero lo strangolatore o un mitomane in cerca di pubblicità? Questa la domanda posta da diversi esperti in base ai presunti errori grossolani commessi nella ricostruzione degli omicidi. Qualche dubbio sulla veridicità della sua confessione, rafforzato dalla misteriosa morte dietro le sbarre: DeSalvo viene infatti ucciso a pugnalate nell’infermeria del penitenziario di massima sicurezza di Walpole. La mano? Ignota.

Tra campagne mediatiche e richieste di revisione del caso, l’inchiesta viene riaperta nel 2001 grazie alla ricerca del Dna. Il professor James Starrs della George Washington University dichiara di aver trovato sul corpo e sui vestiti di una delle vittime dello strangolatore di Boston tracce biologiche appartenenti a due diversi soggetti, nessuno dei quali sarebbe Albert DeSalvo.

Poi nel 2013 il punto pressoché definitivo: la polizia di Boston annuncia in maniera incontrovertibile che l’esame del Dna dello sperma collega DeSalvo all’omicidio di Mary Sullivan. Speculazioni finite, il resto è storia.

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