
A Noisy-le-Sec, nel dipartimento della Senna-Saint-Denis, Barbie non è la benvenuta. Non si tratta di una boutade, purtroppo: la celebre bambola è finita nel mirino dell’oscurantismo religioso. La proiezione del film con protagonisti Margot Robbie e Ryan Gosling prevista lo scorso 8 agosto è stata annullata a seguito delle pressioni e delle minacce di “un piccolo gruppo di persone”. Questa la definizione piuttosto vaga del sindaco comunista Olivier Sarrabeyrouse in una nota riportata da Le Parisien. Ma individuare i responsabili delle intimidazioni è piuttosto semplice: il primo cittadino ha infatti spiegato che i violenti - che “hanno minacciato gli spettatori e hanno affermato che avrebbero distrutto l’attrezzatura” - hanno chiesto di cancellare la proiezione perché la pellicola esalterebbe un ruolo femminile sbagliato e rappresenterebbe un inno all’omosessualità.
Pur condannando questa “minoranza estrema di delinquenti” e le “argomentazioni che riflettono oscurantismo e fondamentalismo”, il sindaco ha deciso di fare saltare l’evento che faceva parte del programma estivo di “Est Ensemble”, un’iniziativa lanciata per la prima volta tre anni fa e che permette ai cittadini di votare i film da inserire nella rassegna. “Barbie” aveva avuto la meglio su “Kung Fu Panda 4”. Così, una semplice proiezione per famiglie, aperta a tutti, si è trasformata nell’ennesima vittoria della comunità islamica in Francia, pronta a tutto – davvero a tutto – per osteggiare tutto ciò che non è compatibile con il Corano.
Le polemiche non mancano. Il Rassemblement National è sul piede di guerra, c’è chi punta il dito sull’influenza della comunità islamica sui partiti di sinistra che sostengono l’amministrazione. La senatrice repubblicana Valérie Boyer ha puntato il dito contro il sindaco per essersi inginocchiato a “fondamentalisti religiosi che esercitano un controllo sociale forte ed efficace”. Sulla vicenda è intervenuta anche la ministra della Cultura Rachida Dati, che ha presentato una denuncia per “ostacolo all'esercizio della libertà di diffusione della creazione artistica”. Senza dimenticare che sempre a Noisy-Le-Sec si svolge da anni il Festival del cinema franco-arabo. Ovviamente senza divieti e censure.
Una sottomissione visibile a occhio nudo che permette alla Francia di entrare a far parte del club esclusivo dei censori di “Barbie” insieme a Kuwait, Oman e Algeria, dove il film è stato bandito perché promuove l’omosessualità. Purtroppo non si tratta di un caso isolato. Un mese fa a Saint-Ouen, sempre nella Senna-Saint-Senna, è stata annullata la proiezione del documentario sul processo per l’attentato di Charlie Hebdo. Ufficialmente per evitare qualsiasi dibattito politico.
Se qualcuno prova a denunciare l’attacco ai valori occidentali o alle libertà arrivano immediatamente le accuse di islamofobia. Ma l’influenza islamica è sempre più marcata nei sobborghi delle grandi città, nelle scuole, nelle carceri. Le banlieue transalpine sono diventate enclave fuori controllo: lì lo Stato ha alzato bandiera bianca, mentre la legge del Corano avanza, fino a valere più della Costituzione. Molti dei radicalizzati non vengono da Paesi stranieri, ma sono nati e cresciuti in Francia. Parlare di fallimento dell’integrazione non è una provocazione, ma una triste verità.
E lo Stato non può permettersi passi indietro di fronte a un fenomeno così vasto: la chiusura di qualche moschea estremista non è sufficiente quando si ha a che fare con una ideologia che rigetta i nostri valori. Il multiculturalismo senza regole non è inclusione, ma resa. È arrivato il momento di prenderne atto.