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Quella "spia di Rabat" dalla Francia al Qatargate

Nel 2016 Mohammed Belharache, agente dei servizi segreti marocchini, era finito al centro di un'inchiesta in Francia per un fatto di corruzione. Parigi non è andata fino in fondo. E oggi la spia di Rabat è riemersa nel cuore del Qatargate

Quella "spia di Rabat" dalla Francia al Qatargate

Mohammed Belharache: è questo il nome di uno dei personaggi finiti al centro del Qatargate. Un nome noto, identificato già nel 2016 in Francia nell'ambito di una precedente inchiesta giudiziaria sulla consegna di documenti dell'antiterrorismo francese al Marocco per mezzo di un poliziotto dell'aeroporto di Orly. Belharache, agente dei servizi segreti marocchini, subito etichettato come il presunto regista dell'infiltrazione di Rabat nei meandri più segreti della Dgsi, l'agenzia della sicurezza interna francese, è riapparso nel cuore dell'euroscandalo che ha travolto Bruxelles.

Chi è Mohammed Belharache

Che cosa c'entra il Marocco in un'inchiesta rinominata Qatargate? Gli inquirenti sospettano che non ci fosse solo il Qatar ad offrire "regali" per promuovere i suoi interessi strategici all'interno dell'Unione europea e della Nato, ma anche il Marocco. Ed è qui, come ha sottolineato Repubblica, che entra in gioco Belharache, agente della Dged, il servizio segreto marocchino, citato nel mandato di arresto sul gruppo di persone vendutasi a Rabat e a Doha per esercitare influenza in seno al Parlamento europeo.

I pm belgi sono convinti che mister Belharache abbia pilotato il gruppo, spalla a spalla con una seconda persona: l'ambasciatore del Marocco a Varsavia, Abderrahim Atmoun. Ma chi è davvero Mohammed Belharache? Di lui conosciamo pochissimo, se non che è riuscito ad evitare i guai di un processo, in Francia, che lo vedeva coinvolto nel dossier delle fiche S, ovvero le schede dell'antiterrorismo di Parigi sui soggetti più a rischio passate al Marocco.

In quell'occasione, le autorità avevano acceso i riflettori su un poliziotto nello scalo parigino di Orly e su un franco-marocchino, titolare di una società di sicurezza aeroportuale. I due sarebbero stati corrotti da Belharache. Tra viaggi e versamenti, si parla di un totale di 17mila euro. Ebbene, il suddetto poliziotto avrebbe inviato ai servizi marocchini circa 200 fiche S riguardanti persone in transito allo scalo Orly e dirette verso il Marocco.

La Francia e "M118"

Nella precedente inchiesta francese Belharache era citato con un altro nome, o meglio con un codice: M118. Il punto è che, mentre l'agente di polizia e il titolare della società di sicurezza sono stati condannati, la "spia di Rabat", pur risultando domiciliata, in maniera fittizia, in Alsazia, non è mai stata fermata. Secco il giudizio del quotidiano francese Le Parisien: "Non si può certo dire che la Francia si sia impegnata a fondo per accaparrarselo".

Per quale motivo Parigi non è andata fino in fondo? Sembrerebbe, il condizionale è d'obbligo, per non rischiare di far irritare il Marocco, considerato un partner fondamentale per contrastare il terrorismo. La Francia, infatti, vedeva come fumo negli occhi la possibilità che Rabat interrompesse o compromettesse la cooperazione di sicurezza.

E forse non è un caso che l'ambasciatore marocchino Abderrahim Atmoun - coinvolto nell'euroscandalo - sia

stato decorato con la massima onorificenza della legione d'onore niente meno che da Nicolas Sarkozy. In un quadro del genere, dunque, Belharache è stato libero di continuare i suoi affari. Passando da Parigi a Bruxelles.

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