Cronaca internazionale

Scontri tra esercito e paramilitari: è allarme golpe in Sudan

Il nuovo colpo di Stato, il terzo dal 2019, vede come principale protagonista Hemeti Dagalo: è lui, in qualità di leader delle forze Rsf, a orchestrare le mosse contro il governo

Assalto al palazzo presidenziale e voci di golpe: cosa succede in Sudan

A Khartoum purtroppo una mattinata caratterizzata da spari in sottofondo e improvvisati check point di militari per le strade non costituisce più una novità. Il sabato nella capitale del Sudan è iniziato con i movimenti di uomini in divisa e ben armati verso i quartieri governativi. I cittadini, svegliati dai rumori degli scontri, hanno subito intuito di trovarsi in mezzo l'ennesimo tentativo di colpo di Stato. Come già successo nel 2019, quando è stato deposto l'ex "rais" Al Bashir. E come successo, in seguito, nell'ottobre del 2021. In quest'ultima occasione, a perdere il timore è stato l'allora premier di transizione Abdallah Hamdok.

Battaglia urbana a Khartoum

Non ci sono dubbi sugli autori del golpe. Si tratta dei combattenti delle cosiddette "Forze di Supporto Rapido", le Rsf. Ossia forze paralimitari guidate da Mohammed Hemeti Dagalo, il vero uomo forte del Sudan. C'è lui dietro gli altri colpi di Stato che hanno interessato il Paese. Nel 2019 ad esempio, pur essendo vicino all'ex presidente Al Bashir, ha deciso di schierarsi con i manifestanti scesi in strada a Khartoum per protestare contro l'aumento dei prezzi di prima necessità.

La scelta di campo di Dagalo ha dato il via al primo colpo di mano. Detronizzato Al Bashir, al potere dal 1989, le Rsf hanno giurato fedeltà alle nuove autorità chiamate a gestire una transizione verso la democrazia. Ma nell'ottobre del 2021, è stata ancora una volta la presa di posizione di Dagalo a garantire il successo del secondo golpe. Adesso è lui in prima persona a guidare l'assalto ai palazzi del potere.

La sua mossa era nell'aria. Da settimane le Rsf manifestavano insofferenza verso le ultime scelte dell'attuale consiglio di transizione, guidato da Abdel Fattah al Burhan. In ballo c'era la fine della transizione e il ritorno a un governo pienamente civile. Ma soprattutto, il nodo principale che ha generato tensioni ha riguardato l'inquadramento delle Rsf all'interno dell'esercito regolare. Circostanza che avrebbe fatto perdere a Dagalo la sua influenza e la sua presa sul Paese.

Da qui la prova di forza di queste ore. I fedelissimi di Dagalo si sono mossi in direzione del palazzo presidenziale, così come della sede della Tv di Stato. Altri mezzi con a bordo i miliziani della Rsf hanno occupato l'aeroporto di Khartoum. Al momento, lo scalo è fuori uso e il Sudan è parzialmente isolato. Le forze di Degalo hanno subito rivendicato la presa del palazzo presidenziale, ma sono state smentite da fonti dell'esercito regolare. La battaglia attorno l'edificio sta proseguendo, hanno fatto sapere i militari.

In campo anche l'aviazione. Aerei militari sono stati visti sorvolare Khartoum nelle scorse ore. Poco dopo l'ora di pranzo, sono state segnalate forti esplosioni. Fonti dell'esercito hanno dichiarato di aver colpito postazioni delle Rsf. Si combatte anche in una base militare poco più a sud di Khartoum. Secondo fonti sentite da Al Jazeera si combatte anche a Marawi e nel sud-ovest del Paese, mentre nel Nord Darfur ci sono scontri per il controllo dell'aeroporto. Personale medico sentito sembre dall'emittente araba hanno parlato di almeno tre civili uccise negli scontri.

Al Burhan si è detto "sorpreso" del tentativo di golpe delle Rsf, Dagalo dal canto suo ha incitato alla rivolta. "Continueremo a perseguire al Burhan per consegnarlo alla giustizia - ha dichiarato su Al Jazeera - Invio un messaggio agli onorevoli membri delle Forze armate: unitevi alla scelta del popolo, che noi rappresentiamo". Al momento, secondo fonti mediche della capitale sudanese, gli scontri avrebbero causato almeno tre morti tra i civili.

Chi è Dagalo e i legami col gruppo russo Wagner

Oggi le forze paramilitari sudanesi sono conosciute come Rsf. Una nomina assunta nel 2013, quando l'allora presidente Al Bashir ha dato mandato per la creazione di una nuova forza in grado di supportare l'esercito regolare nei tanti focolai di tensione presenti in Sudan. All'interno della milizia però, hanno trovato posto molti ex membri dei cosiddetti Janjaweed. Si tratta dei combattenti ritenuti massimi responsabili dei massacri durante la guerra del Darfur.

Quel conflitto, andato avanti dal 2003 al 2009 (ma mai veramente interrotto), ha visto la contrapposizione dei movimenti di etnia Fur, in maggioranza nel Darfur, al governo centrale. Al Bashir, per far valere le ragioni di Khartoum, non ha esitato nel servirsi dei Janjaweed. Secondo molti rapporti delle Nazioni Unite, i combattenti hanno attuato un vero e proprio genocidio contro i Fur. Il nome della milizia del resto significa "demoni a cavallo". Formati in gran parte dagli arabofoni del Darfur, i Janjaweed hanno imperversato per molti anni.

Tra di loro a spiccare è stato proprio Mohamed Dagalo, detto Hemmeti. Nel 2007 ha guidato un ammutinamento dei Janjaweed per protestare contro il ritardo degli stipendi a favore dei combattenti. Si è così guadagnato popolarità tra i miliziani, divenendone leader. Le Rsf, secondo diversi analisti, altro non sarebbero che Janjaweed in divisa. Con Hemmeti quale capo incontrastato.

Il numero uno delle Rsf ha sfruttato questa posizione per diventare l'uomo più ricco e influente del Sudan. Con i suoi uomini nel 2017 ha occupato diverse miniere di oro e sarebbe lui oggi a gestire le esportazioni del prezioso materiale all'estero. Sotto il profilo politico, Hemmeti sarebbe inoltre molto vicino all'Arabia Saudita. Un contingente delle Rsf ha partecipato infatti all'azione di Riad in Yemen nel 2015. Non sono pochi i rapporti, specie negli Stati Uniti, in cui si accusa Hemmeti di essere vicino anche ai russi della Wagner.

Su AgenziaNova, è stato sottolineato come il 24 febbraio 2022, giorno di inizio della guerra in Ucraina, il leader paramilitare sudanese era a Mosca.

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