Lilach Lea Havron è la seconda vittima italo-israeliana dei macellai di Hamas

La donna era la moglie del primo nostro connazionale di cui è stato confermato il decesso, Eviatar Moshe Kipnis. Lavorava come assistente sociale nel kibbutz Be'eri

Lilach Lea Havron è la seconda vittima italo-israeliana dei macellai di Hamas
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Lilach Lea Havron è la seconda vittima italo-israeliana del conflitto. La sua morte è stata confermata dalla Farnesina e da un post su X del ministro degli Esteri Antonio Tajani. La donna era la moglie del 65enne Eviatar Moshe Kipnis, il primo nostro connazionale di cui è stato comunicato il decesso.

Lilach si trovava con il marito nel kibbutz Be’eri, un insediamento a pochi chilometri dalla Striscia di Gaza e particolarmente colpito nel blitz di sabato 7 ottobre. Solo nel primo giorno di ricerca delle vittime, l’organizzazione rabbinica Zaka aveva riferito di aver trovato ben 108 cadaveri. Nadav, il figlio della coppia, aveva denunciato il sequestro dei genitori da parte di Hamas insieme ad altri membri della sua famiglia: uno zio e una zia da parte materna e la loro figlia con il marito e i loro due bambini, di tre e otto anni, oltre alla sorella dello zio e sua figlia 12enne.

Secondo le ricostruzioni delle autorità, durante l’attacco la famiglia Kipnis si era rifugiata nella “safe room”, uno spazio sicuro che offre protezione dagli attacchi missilistici. L’ultimo contatto dei coniugi con il figlio è stato mentre i terroristi cercavano di aprire la porta del rifugio.

Lilach Lea Havron era nata a Be’eri e lavorava lì come assistente sociale mentre il marito, un artista, lottava da anni contro una malattia autoimmune. La madre di Eviatar era nata in Italia, per poi trasferirsi in Tunisia e, da lì, in Israele. Il decesso della donna è stato confermato solo a 16 giorni dall’attacco per via della quantità di cadaveri, molti dei quali sfigurati, a cui le autorità sanitarie israeliane devono ancora dare un nome.

Rimane disperso un solo cittadino italo-israeliano, il trent’enne Nir Forti. Il ragazzo si trovava al rave “Supernova festival”, preso d’assalto dai terroristi di Hamas. Durante i drammatici momenti dell’attacco, il giovane si era messo in contatto con i suoi genitori e li aveva informati del fatto che stava per fuggire in auto verso un kibbutz vicino.

Poco dopo, in una seconda telefonata, Nir aveva detto ai suoi genitori che la sua macchina era stata fermata dalla polizia. “Abbiamo capito che era una cosa strana.

Si vede che lui non ha immaginato che fossero terroristi”, ha spiegato la madre ai microfoni del Tg3, per poi aggiungere che, poco dopo, hanno parlato con un amico del figlio che ha riferito loro del ferimento del giovane, raggiunto da un colpo al torace. Da quel momento in poi, i genitori di Nir Forti non hanno più avuto alcuna notizia sulla sorte del figlio: “Restiamo incollati al telefono. Ora possiamo solo aspettare e sperare”.

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