
Il processo per gli orrori di Avignone, conclusosi a dicembre con la condanna di Dominique Pelicot e di 50 suoi complici per stupri e abusi seriali, ha rivelato al mondo la figura coraggiosa di Gisèle Pelicot, moglie di Dominique, vittima per anni di violenze subite mentre era drogata. Ma dietro l'immagine pubblica di "eroina", si nasconde un dramma familiare ancora più lacerante e complesso, portato alla luce dalla figlia, Caroline Darian. In una recente intervista raccolta da Stefano Montefiori per il Corriere della Sera, Caroline consuma la sua definitiva rottura non solo con il padre-mostro, ma anche con la madre. Darian, che è responsabile della comunicazione di un grande gruppo e ha fondato l'associazione anti-sottomissione chimica #MendorsPas (non mi addormentare), ha affidato al suo secondo libro, Non è nostra la vergogna (Utet, in uscita il 30 settembre), la sua verità più dolorosa e le sue accuse.
Un predatore seriale e una verità nascosta
La critica principale di Caroline è che il processo si sia focalizzato esclusivamente su Gisèle, tralasciando un mare di orrori pregressi. "Quel processo, condotto in modo sbrigativo e parziale, è l’albero che nasconde la foresta", ha dichiarato. La figlia è convinta che il padre, Dominique Pelicot, sia un"predatore seriale" coinvolto in crimini che non sono iniziati drogando la moglie, ma che risalgono agli anni '80 e '90. L'elemento più sconvolgente per Caroline riguarda la sua stessa vita. Sul computer del padre sono state trovate sue foto "seminuda, con una biancheria intima che non è la mia" e priva di sensi, prove che la portano a ritenere di essere stata anch'essa vittima degli abusi paterni e che Dominique potrebbe essere un criminale molto più pericoloso di quanto emerso ad Avignone, forse persino un serial killer.
Il muro di gomma di Gisèle
Il trauma della doppia violenza, quella subita e quella scoperta, è aggravato dal comportamento della madre che lei ritiene ondivago. Caroline racconta che il punto di non ritorno si è consumato in aula quando Gisèle, interrogata sulla possibilità che gli abusi avessero coinvolto anche la figlia o altri membri della famiglia, ha risposto in modo glaciale: "preferisco non rispondere", creando un certo imbarazzo. "Gisèle mi ha abbandonato, io e lei non ci parliamo più", ha confessato Caroline, che ora non ha "più alcuna relazione" con la madre. L'accusa è di aver diretto la sua rabbia"soprattutto contro i 50 sconosciuti complici, non contro suo marito Dominique", verso il quale, a suo parere, continuerebbe a cercare"circostanze attenuanti". Nonostante sapesse che la figlia attendeva la verità da quattro anni e mezzo e che solo lei avrebbe potuto convincere l'ex marito a parlare, Gisèle si è sempre trincerata dietro un categorico: "È il mio processo, non quello della famiglia". Caroline Darian vede nella madre due figure in conflitto: "l'eroina moderna" che denuncia e la donna di "altri tempi" che, anche involontariamente, protegge il marito.
Un'infanzia distrutta e la lotta legale
Il dramma di Caroline è amplificato dalla perdita dei ricordi e del passato. Fino alla scoperta degli abusi del padre, era convinta che la sua famiglia fosse "piena di amore" ed era persino più vicina al padre che alla madre. Adesso, ammette che non può più guardare le foto della sua infanzia o del suo matrimonio perché l'amore che credeva di aver vissuto è stato reso "tutto falso" da una verità atroce. La battaglia legale per la Darian non è terminata con la condanna del padre a 20 anni. Caroline teme che Dominique Pelicot, oggi 72enne, possa uscire di prigione tra "6-7 anni" grazie alle riduzioni di pena e "ricominciare".
Per questo motivo, ha presentato una sua denuncia personale. La speranza è che un nuovo processo possa finalmente chiarire quello che è successo anche a lei e a tutti coloro che potrebbero essere stati coinvolti prima del caso Gisèle.