Cronaca internazionale

Omicidio Attanasio, chiesta la pena di morte per i 6 accusati

La procura congolese ha chiesto la pena di morte per le sei persone accusate dell'assassinio dell'ambasciatore Luca Attanasio, ucciso nel febbraio 2021 nella Repubblica democratica del Congo, assieme al carabiniere della scorta e all'autista

Omicidio Attanasio, chiesta la pena di morte per i 6 accusati
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A poco più di due anni dalla morte dell’ex ambasciatore d’Italia in Repubblica democratica del Congo (Rdc), Luca Attanasio, ucciso in un’imboscata nell’est del Paese africano insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e a un autista del Programma alimentare mondiale (Pam) che li accompagnava, è arrivata una notizia importantissima.

La richiesta della pena di morte

A Kinshasa, capitale della Rdc, è stata chiesta la pena di morte contro i sei uomini processati da un tribunale militare. All'interno del Paese una decisione del genere è spesso richiesta e comminata in casi di sicurezza nazionale, anche se non viene applicata da 20 anni ed è sistematicamente trasformata in ergastolo. In altre parole, nella Repubblica democratica del Congo c'è una moratoria di fatto sulle condanne capitali, che vengono comminate ma non eseguite.

Ricordiamo che, lo scorso primo marzo, la fase finale del processo era stato rinviato di una settimana. Il motivo: non c'erano gli avvocati della difesa che avrebbero dovuto fare l'arringa finale, assenti probabilmente perché non pagati da mesi.

In ogni caso, il procuratore militare Bamusamba Kabamba ha chiesto la pena di morte per gli uomini sotto processo. "Le vittime sono state rapite, trascinate in profondità nella foresta prima di essere giustiziate", ha affermato il procuratore militare nella sua requisitoria davanti al tribunale militare della guarnigione di Kinshasa-Gombe, situato all'interno della prigione militare di Ndolo.

Cinque dei sei imputati sono attualmente detenuti, mentre un sesto è latitante ed è processato in contumacia. Tutti e sei sono accusati di "omicidio, associazione a delinquere, detenzione illegale di armi e munizioni da guerra". Durante le udienze, l'accusa ha presentato gli imputati come membri di una "banda criminale", che inizialmente non intendevano uccidere l'ambasciatore, ma rapirlo e chiedere un milione di dollari per il suo rilascio. Gli imputati presenti, arrestati nel gennaio 2022, hanno negato i fatti durante tutto il processo. Sabato sono previste le arringhe della difesa e poi sarà emessa la sentenza.

I tre filoni di indagini

Sulla vicenda ci sono tre filoni di indagini. La procura di Roma, lo scorso novembre, ha chiesto il rinvio a giudizio dei due funzionari del Pam Rocco Leone e Mansour Rwagaza, entrambi indagati per omesse cautele. Il focus della loro indagine è stato puntato sulle falle nella sicurezza per il trasferimento dell'ambasciatore e del carabiniere di scorta da Goma a Rutshuru.

Troviamo poi il filone d'indagine portato avanti dalla procura congolese, come descritto, e una del servizio di sicurezza dell’Onu per accertare le responsabilità dei dipendenti del Pam. C'è da capire tuttavia se l’Onu invocherà per i suoi due dipendenti l’immunità diplomatica o permetterà lo svolgimento del processo.

Giustizia per Attanasio

Nei giorni scorsi il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva chiesto ufficialmente al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, di togliere l'immunità per le persone che sarebbero state oggetto del processo sul caso Attanasio.

Intervenuto alla commemorazione alla Camera dei deputati del secondo anniversario della morte del diplomatico, le parole di Tajani erano state emblematiche: "Ribadiamo l'impegno per assicurare giustizia e onorare la memoria dei caduti. Qualche giorno fa, incontrando il Segretario generale delle Nazioni unite, ho chiesto di togliere l'immunità per le persone che potrebbero essere oggetto del processo perchè in qualche modo coinvolti in quella vicenda".

Il titolare della Farnesina aveva quindi ricordato una serie di iniziative messe in atto per ricordarne la memoria, insieme a quella del carabiniere Vittorio Iacovacci. "In una società in cui troppi sono i disvalori che vengono offerti alle giovani generazioni - aveva detto ancora l'esponente dell'Esecutivo - il sacrificio di questi due uomini rappresenta la sintesi di valori positivi della nostra società. Due uomini che erano al lavoro per aiutare gli altri, per aiutare popoli in condizioni economiche che dovevano essere cambiate, uomini che non hanno esitato a mettere a repentaglio la loro vita.

Debbono rimanere un esempio per i giovani, perchè nella vita ci sarà sempre qualcuno che si metterà a disposizione degli altri per salvarli, per aiutarli".

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