Cronaca internazionale

Svolta Lgbt per moda: anche la catena Cracker Barrel finisce nella bufera

Un tempo contestata per i comportamenti discriminatori, la celebre catena di ristoranti ha deciso di celebrare l’orgoglio gay. E i clienti storici non ci stanno

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Sostenere la causa Lgbt per conquistare un nuovo segmento di mercato: questa è la nuova tendenza negli Stati Uniti, dove sempre più aziende stanno appoggiando l’orgoglio gay nella speranza di guadagnare nuovi consumatori. Un tentativo nobile dal punto di vista economico, ma che rischio di trasformarsi in un incredibile autogol. Il caso Bud Light è ormai noto in tutto il mondo, sulla stessa strada Target e Chick-fil-A. Campagne di boicottaggio social imponenti con protagonisti i clienti storici. Nonostante ciò, altre catene hanno deciso di cambiare radicalmente atteggiamento nei confronti del mondo arcobaleno sfidando qualsivoglia sabotaggio: l’ultimo caso riguarda Cracker Barrel.

Tra le catene di ristoranti più note degli States, Cracker Barrel è finita nel mirino dei consumatori conservatori per aver manifestato ampio sostegno all’universo Lgbt e al Pride Month. L'attivista Lauren Chen - oltre 500 mila follower su Twitter - ha esortato i suoi seguaci a “fare la loro parte” e a “saltare la cena” da Cracker Barrel. Ma la campagna di boicottaggio è solo all’inizio: decine di utenti stanno stroncando il colosso della ristorazione per questa svolta improvvisa. Cracker Barrel infatti non rientra nell’elenco delle attività che hanno sempre sostenuto la flotta Lgbt. Anzi, negli anni Novanta è finita al centro delle polemiche per la sua linea discriminatoria. Per la precisione, nel 1991 licenziò almeno nove dipendenti gay e dichiarò di non voler più assumere omosessuali.

La catena con sede a Lebanon, nel Tennessee, ha pubblicato sui social network un’immagine di uno dei loro ristoranti con una sedia color arcobaleno per annunciare la celebrazione del Pride Month.“Siamo entusiasti di celebrare l’orgoglio gay con i nostri dipendenti e i nostri clienti. Tutti sono sempre i benvenuti al nostro tavolo”, con tanto di emoji arcobaleno. A fare storcere il naso è questo repentino quanto improvviso cambio di direzione, legato esclusivamente a uno scopo economico: dichiararsi inclusivi per allargare la platea di consumatori.

“È triste che si preoccupino più dei soldi che dei loro clienti. Vabbè, un altro posto a cui non dare mai i miei soldi guadagnati duramente. Divertiti ad andare in rovina, Cracker Barrel”, la protesta di un cliente storico. C’è chi accende i riflettori sull’epoca woke: “Un altro esempio di azienda che vuole distruggersi da sola”. E ancora: “Abbiamo adorato questo posto, ma i nostri principi sono molto più importanti. Non ci mangeremo mai più, a meno che non lo rinneghino pubblicamente”.

Tante polemiche, ma c'è anche chi pone l'accento sul passo in avanti della catena, rimarcando che le politiche discriminatorie del passato sono ormai un lontano ricordo.

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