
Una donna di quarant’anni, libera professionista residente ad Ascoli, è stata dimessa lunedì 22 settembre dall’ospedale di Torrette (Ancona) a poche ore da un intervento chirurgico per la rimozione di un cancro al seno. Il motivo: l’assenza dell’anestesista, che ha aderito allo sciopero nazionale proclamato in solidarietà con la popolazione di Gaza.
La paziente era stata ricoverata il giorno prima in vista della mastectomia programmata per il lunedì pomeriggio. “Ero stata ricoverata il giorno prima, domenica, e sarei dovuta entrare in sala operatoria alle 14” le sue parole riportate dal Corriere Adriatico. Il percorso clinico, avviato a seguito della diagnosi di un carcinoma infiltrante lo scorso febbraio, aveva già incluso sedici sedute di chemioterapia. In preparazione all’intervento, la donna si era sottoposta anche alla procedura di localizzazione del linfonodo sentinella, fondamentale per valutare l’eventuale diffusione del tumore. Trattandosi di un esame legato temporalmente all’intervento chirurgico, dovrà ora essere ripetuto.
Secondo il racconto della paziente, la comunicazione del rinvio è arrivata direttamente dal primario di Senologia, il professor Lenti. “Alle 14 è salito in reparto il primario e mi ha detto che l’anestesista aveva aderito allo sciopero per Gaza e che il mio intervento era stato spostato di una settimana”. Il rinvio ha generato forte preoccupazione nella paziente, che ha vissuto l’interruzione del percorso clinico con grande ansia. “Lunedì ho pianto sempre” la sua ammissione: “Un malato oncologico non può ricevere certe notizie che con paura, col terrore che il cancro possa ripartire”. I sanitari hanno assicurato che il posticipo non comporterà conseguenze cliniche, ma l’impatto psicologico resta significativo. “Una settimana, per un malato di cancro, è veramente tanto. Finché il tumore rimane dentro di te, la paura è devastante” ha aggiunto: “È fastidioso pensare che un intervento come questo possa essere considerato non di primaria importanza”.
Il rinvio è stato causato dallo sciopero generale proclamato da alcune sigle sindacali a livello nazionale, al quale hanno aderito alcuni operatori sanitari del reparto, tra cui l’anestesista e alcuni infermieri. “Scioperare è sacrosanto, ma fin dove si può spingere questo diritto? Fino a mettere a rischio la vita delle persone?” la domanda della paziente, che si interroga anche sul possibile conflitto tra diritti individuali e tutela della salute pubblica: “La protesta è legittima ma vorrei capire se avrebbe comunque scioperato se fosse stato un suo parente a dover essere operato”. Dal punto di vista organizzativo, trovare un sostituto in tempi così ristretti non era possibile: “Il lavoratore che sciopera non può essere sostituito” l’osservazione della donna, che ha rimarcato come anche un eventuale cambio turno non fosse più attuabile poco prima dell’ingresso in sala operatoria.
Secondo quanto riferito, non sarebbe stata l’unica paziente coinvolta: almeno altre due donne in Senologia avrebbero visto il proprio intervento rimandato per le stesse ragioni. La vicenda, pur conclusa con il rinvio dell’intervento alla settimana successiva, ha lasciato interrogativi aperti nella paziente: “Ormai ciò che è stato, è stato: io verrò rioperata ma vorrei che ciò non accadesse mai più”.
Alla domanda se si sentirebbe a proprio agio con lo stesso anestesista al momento dell’intervento, ha risposto con cautela: “Non credo di poter dire che non ce lo voglio, anche se vorrei. Se avrò modo di incontrarlo non so se avrò voglia di parlarci”.