Tiene banco ormai da giorni la vicenda della famiglia nel bosco. Così è stato ribattezzato il nucleo familiare formato da due genitori (Catherine Birmingham e Nathan Trevallion) e tre figli piccoli (due gemelli di sei anni e la sorella maggiore di otto) che, optando per uno stile di vita lontano dai servizi urbani e dalle consuetudini sociali, ha deciso di vivere in un’area boschiva isolata di Palmoli, in Abruzzo, a quaranta minuti di auto da Vasto. Una quotidianità senza utenze, senza lavoro, senza mandare i bambini a scuola.
La vicenda è al centro del dibattito pubblico per la decisione del tribunale per i minorenni dell’Aquila di togliere i tre figli alla coppia, sospendendo la loro responsabilità genitoriale. Le motivazioni sono legate al modo in cui la famiglia vive. I piccoli si trovano in una comunità di accoglienza per minori insieme alla madre, mentre il padre – 51 anni – è rimasto nella casa di Palmoli. Tutto è iniziato nel settembre del 2024, quando la famiglia fu vittima di una grave intossicazione alimentare da funghi. Ma andiamo per gradi.
Cosa sappiamo sulla famiglia nel bosco di Palmoli
Secondo il racconto dei genitori riportato dal Centro, il progetto di vita della famiglia maturava da tempo. Dopo anni di spostamenti tra Europa e Australia, la coppia aveva elaborato la convinzione che i figli dovessero crescere in un ambiente naturale, senza i ritmi e le pressioni tipiche delle società contemporanee. Secondo i due genitori, l’istruzione avrebbe dovuto svilupparsi attraverso l’esperienza diretta: un apprendimento quotidiano basato su contatti con gli animali, attività all’aria aperta e osservazione dell’ambiente circostante. In altri termini, i bambini avrebbero dovuto acquisire competenze linguistiche e pratiche in modo spontaneo. L’assenza di scuola, pediatra e vaccinazioni certificate era dunque parte di una scelta complessiva che i genitori ritenevano coerente con i propri valori.
I primi interventi istituzionali risalgono al 2022, quando i servizi sociali avviarono i primi contatti con la famiglia. Le relazioni degli operatori evidenziarono una forte diffidenza dei genitori verso qualunque forma di controllo e una resistenza nei confronti delle strutture pubbliche. Come rimarcato in precedenza, la situazione è rimasta stabile fino all’autunno 2024, quando un episodio inatteso modificò rapidamente lo scenario.
A ottobre, dopo aver raccolto e consumato dei funghi, i tre bambini accusarono sintomi riconducibili a un’intossicazione. La famiglia si recò all’ospedale di Vasto, dove i minori vennero visitati e dimessi dopo poche ore, in condizioni non gravi. Tuttavia, la segnalazione dell’ospedale giunse al tribunale per i minorenni dell’Aquila e diede il via a verifiche più estese. Nelle settimane successive, gli accertamenti hanno evidenziato elementi considerati critici: assenza totale di istruzione formalizzata, mancata effettuazione di visite pediatriche e vaccinazioni certificate, isolamento pressoché completo dai coetanei e condizioni abitative giudicate non conformi ai requisiti minimi di sicurezza. In particolare, evidenzia ancora Il Centro, è stato posto l'accento sulla mancanza di impianti essenziali e l’assenza di documentazione sulla staticità dell’edificio.
Sulla base di tali elementi, il tribunale ha aperto una procedura urgente. Le autorità hanno valutato fotografie, relazioni dei servizi sociali, dichiarazioni della famiglia e livelli di apprendimento dei bambini. La prospettiva istituzionale si concentrò sul principio di tutela dei minori, che comprende non solo l’affetto e le cure quotidiane, ma anche la garanzia di istruzione controllata, servizi sanitari adeguati e possibilità di socializzazione. È proprio su questi punti che la visione dei genitori e quella dello Stato sono risultati inconciliabili.
Catherine e Nathan hanno presentato memorie, spiegato la loro scelta educativa e sostenuto che il modello tradizionale produca “competizione, insicurezza e ferite che non si vedono”. Per i due stranieri la scuola limiterebbe il desiderio naturale di scoperta, volendo inoltre proteggere i figli da una società percepita come “troppo veloce, troppo violenta”. I nonni hanno confermato che i bambini ricevono amore e cure. Tuttavia per la giustizia minorile, la valutazione deve basarsi su elementi verificabili: percorsi scolastici certificati, controlli sanitari documentati, ambienti abitativi sicuri e possibilità di interazione con altri bambini.
La decisione è arrivata a fine ottobre: come ormai noto, i tre minori sono stati allontanati dalla casa di Palmoli e trasferiti in una comunità educativa a Vasto. La madre è ospite nella stessa struttura - ma con limitazioni - come l’obbligo di dormire in un piano separato. Il padre è rimasto nell’abitazione nel bosco. Da quel momento, per i bambini si è aperta una routine regolata da orari, visite mediche e attività di apprendimento supervisionate. Secondo la documentazione raccolta dagli inquirenti, la precedente condizione di vita non garantiva standard considerati indispensabili per il loro sviluppo.
La diffusione della notizia ha generato un forte dibattito pubblico. Tanti cittadini si sono mobilitati , basti pensare alla petizione online in sostegno dei due genitori che ha raccolto decine di migliaia di firme. Sul piano politico, la vicenda è stata commentata da diverse figure istituzionali. Per il presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio “questa famiglia non ha fatto male a nessuno”. In Parlamento si è discusso sulla libertà educativa e sui limiti dell’intervento statale; alcune associazioni hanno chiesto maggiore tutela per chi sceglie percorsi non convenzionali.
Il premier Giorgia Meloni ha valutato insieme al ministro della Giustizia Carlo Nordio l’invio di ispettori per esaminare il caso, iniziativa che ha ricevuto il sostegno del leader della Lega Matteo Salvini, che parla apertamente di “sequestro”. Nel frattempo, Catherine e Nathan hannp annunciato il ricorso contro il provvedimento.