Nonostante la «assoluta antigiuridicità dell’intervento», cioè la irregolarità, i costruttori hanno agito in «buona fede», fuorviati dalle «prassi comunali altalenanti» in materia di urbanistica. Per questo il gip Sonia Mancini ha annullato il sequestro del cantiere del progetto immobiliare di viale Papiniano 48, disposto d’urgenza dai pm il 12 novembre.
Il provvedimento, che riguarda un’area anche sottoposta a vincolo paesaggistico, era arrivato in un’inchiesta per abuso edilizio e lottizzazione abusiva a carico del costruttore, Salvatore Murè, e del direttore dei lavori, Mauro Colombo. Il giudice ha rigettato la richiesta di convalida e di sequestro avanzata dalla Procura. Per i pm, i lavori sarebbero stati «indebitamente qualificati come opere di ristrutturazione anziché interventi di nuova costruzione», sulla base di una Scia e non «di un permesso di costruire» con piano attuativo. Ma secondo il gip, agli indagati va riconosciuta la buona fede di fronte alle prassi di Palazzo Marino, prima «reclamate» dall’amministrazione e poi «rinnegate» ma solo per «motivi di opportunità», cioè dopo le notizie delle indagini. Serviva, certo, un piano attuativo per quella torre di otto piani più due interrati. Il reato quindi c’è. Tuttavia, «per il solo fatto di essersi avvantaggiato del sistema», non può esserci dolo o colpa da parte del privato. Infine l’avvertimento del giudice: «Da questo momento in poi, tale situazione contra ius non potrà più dirsi sorretta dalla, fin qui riconosciuta, buona fede». Ora «appare altamente auspicabile l’adozione di un piano attuativo in sanatoria per ricondurre alla piena legalità l’intervento edilizio in esame».
Ieri poi davanti al Riesame si è tenuta l’udienza sull’appello dei pm che chiedono misure cautelari interdittive per l’ex assessore Giancarlo Tancredi e per il ceo di Coima Manfredi Catella in relazione all’accusa di induzione indebita sul progetto del Pirelli no. In questo filone sono indagati anche il sindaco Giuseppe Sala, l’architetto Stefano Boeri e il dg del Comune Christian Malangone. Il reato non era stato riconosciuto dal gip Mattia Fiorentini. Ieri erano in aula il pm Paolo Filippini e i legali degli indagati.
La Procura ha depositato una nuova memoria con molte chat a sostegno delle accuse.
Per i pm, l’allora presidente della Commissione paesaggio Giuseppe Marinoni sarebbe stato - se non costretto - «convinto a mutare le sue determinazioni amministrative» con un parere favorevole al progetto di Coima, «per la evidente convenienza di non compromettere le relazioni con il livello politico (assessore/sindaco)».