Aurora Maniscalco, riaperte le indagini. Anche la polizia austriaca al lavoro sul caso

La hostess 24enne palermitana viveva a Vienna insieme al fidanzato Elio Bargione. È morta dopo un volo dal terzo piano a giugno. L'inchiesta riaperta dopo le denunce della famiglia che non ha mai creduto al suicidio

Aurora Maniscalco, riaperte le indagini. Anche la polizia austriaca al lavoro sul caso
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Era stata archiviata dalla polizia austriaca come "suicidio", ma la famiglia non ha mai creduto a questa ipotesi. Oggi la svolta: sono state riaperte le indagini a Vienna sulla morte di Aurora Maniscalco, l'hostess 24enne di Palermo che viveva nella capitale austriaca insieme al suo fidanzato Elio Bargione. Sul caso già indaga la procura italiana, in particolare quella romana che è competente sui connazionali vittime di reati all'estero. Adesso anche quella austriaca ha deciso di rimettere in discussione il caso, provando ad approfondire gli aspetti poco chiari della vicenda.

La ragazza è precipitata dal terzo piano del palazzo nella notte tra il 21 e il 22 giugno scorsi. Trasportata in ospedale poco dopo, è morta per le ferite riportate. Per le autorità locali, che non hanno disposto l'autopsia inizialmente, non vi erano dubbi sul fatto che si sia trattato di un gesto volontario. La famiglia della giovane, invece, resta fermamente convinta del contrario e ha nominato un legale austriaco per impugnare la decisione dopo averne letto le motivazioni. In particolare i familiari,con i legali Alberto Raffaele e Andrea Longo, sono convinti che vi siano "incongruenze" nella versione dei fatti raccontata dal ragazzo rispetto a quanto riportato. "Al momento non sappiamo cosa stiano facendo le autorità austriache - hanno detto i legali - sicuramente stanno sentendo i testimoni, forse il Bargione. La cosa importante è dimostrare la dinamica della caduta che ha provocato la morte della ragazza, soprattutto viste le incongruenze fornite da lui stesso e dai testimoni".

Sul palazzo della Universumstrasse alcuni residenti hanno scritto con bombolette spray, nei muri del palazzo "Stop Femizide", stop femminicidio. A giugno, una vicina della coppia, sentita da alcuni giornalisti, ha detto che nell'appartamento volavano sedie. Un appello a chi avesse sentito qualcosa era arrivato dalla mamma Giada Cucina, e dal papà, Francesco Maniscalco. "Quel ragazzo è sempre stato interessato soltanto a se stesso, al suo benessere, mentre mia figlia era innamorata e a mio avviso succube di lui. Io non ero d’accordo che lei continuasse questa relazione", le parole della mamma.

La donna ha notato che nell'appartamento vi era una "borsa" di sua figlia, a cui teneva molto. "Dentro ci ho trovato calze invernali, slip, cose messe alla rinfusa", ha detto. "Mi ha fatto pensare a un gesto di stizza: a lei che riempie la borsa con le prime cose che trova, per andarsene via".

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